La riforma approderà il 9 gennaio alla Camera. Il governo vorrebbe "abolire" il giudice unico per l'ordinanza di custodia cautelare. Un'idea in passato già bocciata dall'Anm, ma riproposta ciclicamente dal Pd con il plauso di Forza Italia. L'eventuale pericolosità dovrà essere valutata anche con criteri di attualità e non sono in base alla gravità. E questo potrebbe significare che un omicida, per esempio, potrebbe restare libero fino a sentenza nel caso fosse incensurato
L’anno che verrà potrebbe portare grandi cambiamenti per la misura della custodia cautelare in carcere. Uno degli argomenti più gettonati dagli esponenti del Pd, premier incluso, lasciato fuori dal pacchetto giustizia firmato dal Guardasigilli e approvato il 17 dicembre per lasciare l’ultima parola al Parlamento. Il governo proporrà – anche se la fattibilità per quanto riguarda i tribunali di piccole dimensioni e con organici ristretti appare lontana – che a decidere se privare della libertà un cittadino sarà un collegio di giudici: tre per la precisione.
Una proposta questa che, anno dopo anno, governo dopo governo, ricompare nell’agenda della politica italiana. Già discussa nel 2009 – su proposta dell’allora ministro democratico ombra Lanfranco Tenaglia – in passato è stata già bocciata dall’Anm che prospettava una “paralisi delle attività”. Anche se questa volta – stando alle anticipazioni del Corriere della Sera – sarebbe prevista la sparizione del tribunale del Riesame. Che viene interpellato per la valutazione di tutte le misure cautelari, sequestri di beni inclusi. Non sarà quindi più un solo giudice, quello per le indagini preliminari, a emettere l’ordine di cattura se la proposta passerà ma un collegio. Una proposta che piace molto a Forza Italia – sempre in prima linea contro “l’abuso della custodia cautelare” – e che è sponsorizzata anche dal ministro dell’Interno Angelino Alfano (Ncd): “Io dico che assieme alla certezza della pena ci vuole la certezza del diritto. Non ha senso, ad esempio, tenere in cella gente in custodia cautelare che nel 50 per cento dei casi risulterà poi innocente”.
L’indagato avrà anche diritto di ascolto preventivo. Un ulteriore tassello alle garanzie dell’indagato sarà la possibilità – ad eccezione dei reati di criminalità organizzata mafia e terrorismo – di avere subito colloqui con il difensore. Allo stato invece il gip può disporre il divieto di colloquio fino a cinque giorni dal momento dell’arresto. Il testo approvato prevede anche una rimodulazione delle esigenze cautelari ovvero pericolo di reiterazione del reato, inquinamento probatorio e pericolo di fuga. L’eventuale pericolosità dovrà essere valutata anche con criteri di attualità e non sono in base alla gravità. E questo potrebbe significare che un omicida, per esempio, potrebbe restare libero fino a sentenza nel caso fosse incensurato.
La riforma della custodia cautelare approderà lunedì 9 dicembre in Aula alla Camera. L’idea dei democratici, con Donatella Ferranti presidente della commissione Giustizia in testa, è che il provvedimento possa essere votato presto. “Nessun passo indietro quanto alle esigenze cautelari, ma sarà un grande passo avanti sul piano delle garanzie – commentava la deputata democratica -. Le esigenze cautelari non devono mai essere applicate in funzione di anticipazione della pena, noi abbiamo messo a punto un testo equilibrato, che riesce a tenere insieme da un lato il principio della carcerazione preventiva come extrema ratio e dall’altro la tutela delle vittime e la sicurezza dei cittadini nei confronti dei gravi reati”.
La riforma toccherà anche altri istituti giuridici come il patteggiamento che potrà essere appellato da pm e imputato in Cassazione solo se l’accordo tra le parti non sia trasposto fedelmente nella sentenza del giudice. Allo stato invece la maggior parte di questi ricorsi vengono proposti per prendere tempo e nella maggior parte dei casi non discussi perché dichiarati inammissibili. Non potrà ricorrere ai supremi giudici personalmente l’imputato: quasi un ricorso su cinque agli ermellini è personale. Per disincentivare il ricorso al terzo grado di giudizio verranno innalzate le pene pecuniarie nel caso venisse dichiarata l’inammissibilità: attualmente si va da 1000 a 5mila euro. Nel caso di rettifica del verdetto di patteggiamento per errore di calcolo o di qualificazione giuridica procederà il giudice stesso che ha emesso la sentenza e non si ricorrerà a un altro magistrato.
Una novità importante riguarda la proposta dell’esclusione dal giudizio abbreviato della parte civile che potrà quindi perseguire le proprie pretese in sede civile (come peraltro già previsto, ndr). Una misura che potrebbe velocizzare grandi processi – si pensi a quello nascente per esempio sul caso FonSai – ma che potrebbe lasciare fuori le vittime di reati gravissimi. Perché se il patteggiamento può essere richiesto quando la penale finale non è superiore ai 2 anni (5 anni per quello allargato) con il rito abbreviato si giudicano anche reati per cui è previsto l’ergastolo.
Altra novità l‘archiviazione del procedimento se il fatto commesso è di gravità particolarmente bassa per evitare che vengano incardinati processi per reati modesti. In passato si erano presi in considerazione l’ingiuria aggravata, le liti condominiali, il peculato (per esempio nel caso di una sola telefonata a spese delle casse pubbliche), i piccoli furti commessi, ad esempio, in un supermercato o in un centro commerciale. La guida in stato di ebbrezza potrebbe essere considerato reato di lieve entità, e quindi archiviato, in caso il guidatore colto in flagranza non risulti recidivo, non abbia infranto il codice stradale né provocato danno o incidenti. Ma allo stato il governo nella proposta non avrebbe specificato se la causa di archiviazione varrà solo per esempio per reati a citazione diretta (con pena non superiore a 4 anni).