Faraone, responsabile Welfare della nuova segreteria: "Serve un cambio di passo radicale o si muore". E viene seguito da altri colleghi di partito: "Tanti motivi di insoddisfazione". Il capo del governo apre
La nuova segreteria Pd targata Matteo Renzi avverte il governo Letta. “Un filotto impressionante” di errori, quelli commessi dall’esecutivo, sostiene Davide Faraone, responsabile Welfare del Partito democratico e collaboratore del sindaco di Firenze, in un post su Facebook chiede al governo e al premier un cambio radicale di passo. “Non basta un ritocco, un rimpasto, o si cambia radicalmente o si muore. Mentre noi lavoriamo ad un’agenda con dentro grandi riforme per il Paese, con tempi certi di realizzazione, al governo e in Parlamento, con il suo bicameralismo perfetto (un vero ossimoro) c’è chi brucia tutto. Così non va”, sottolinea Faraone su Fb. “Eletto Matteo Renzi si azzera il contagiri e si riparte”.
Poi via all’elenco di quelli che, a suo avviso, sono errori. “Non elencherò gli errori del passato, ma – osserva Faraone – se metto uno dietro l’altro gli errori commessi da questo governo, dal giorno dell’elezione del nuovo segretario Pd, 15 dicembre, fino ad oggi (appena 13 giorni) viene fuori un filotto impressionante: una legge di stabilità di galleggiamento (poco per il futuro), le slot machine, gli affitti d’oro, il provvedimento su Roma capitale. Se chiedi la fiducia ai parlamentari della Repubblica, se chiedi il sostegno in bianco ai deputati della maggioranza, lo fai per provvedimenti alti, utili per il Paese, non per legittimare decine e decine di inutili marchette, incalza Faraone.
“E poi sul Milleproroghe: si nominano nuovi prefetti, portati a 207 quando le prefetture sono la metà, si abbonano 400 milioni a Roma quando tutti i comuni soffrono. Due ottimi provvedimenti per dar fiato alle stanche trombe della Lega Nord. E poi i soldi Ue parcellizzati per il Sud e per il lavoro su mille provvedimenti senza alcune strategia, con il solo obiettivo di non perderli. O ancora le deroghe al Patto di stabilità per comuni non virtuosi, che chiedono di stabilizzare i precari anche dove si sfora la pianta organica e niente per i comuni virtuosi che vogliono realizzare opere utili per la collettività”, elenca.
“Questo Pd – conclude Faraone – con le grandi speranze che suscita, l’Italia, con le sue difficoltà e le sue grandi potenzialità, non può permettersi questo governo e i suoi errori. E non basta un ritocco, un rimpasto, o si cambia radicalmente o si muore”.
Il responsabile Welfare della nuova segreteria renziana non è l’unico esponente del Pd a mettere pressione a Letta: “Il governo non ha più né alibi da vantare, né tempo da perdere. Il Pd, con il segretario Renzi, proporrà soluzioni concrete a partire dai prossimi giorni, l’esecutivo non si faccia attendere come Godot”. Lo afferma Andrea Marcucci, presidente della commissione Cultura a Palazzo Madama. “Il collega Faraone ha elencato i tanti motivi di insoddisfazione accumulati in questi giorni – sottolinea il parlamentare – quanto alla gestione degli ultimi provvedimenti, ha fatto bene il presidente Grasso a ricordare che gli emendamenti al decreto Salva Roma sono stati suggeriti e comunque tutti approvati dal governo. Ora si cambi marcia per davvero”.
Il presidente del Consiglio Enrico Letta pare non essere sordo a queste lamentele. Secondo Repubblica, anzi, sarebbe pronto al confronto con quello che peraltro sarebbe il suo partito. Certo, un confronto sempre nell’alveo di quel “patto alla tedesca” sul quale già sono d’accordo sia Renzi sia Angelino Alfano e che dovrebbe essere chiuso entro il 15 gennaio. In questo modo il capo del governo non apparirebbe come “sconfitto” dalla linea renziana, ma resisterebbe sulla frequenza del “nulla di nuovo”. Dunque catenaccio e ripartenza: “Si è detto che di tutto se ne parlerà a gennaio nella discussione sul contratto di coalizione. E così sarà”. Già c’è stato lo “shock” del decreto Salva Roma fatto a coriandoli dal Quirinale perché da una parte dentro c’era la qualunque e dall’altra sarebbe stato perfino a rischio una volta approdato in Parlamento. Un’altra crisi sotterranea non farebbe per niente bene all’esecutivo. Così Letta si dice disponibile a cambiare rotta. Anche, perché no, con un “rimpasto” o almeno con un “risciacquo” come lo definiscono quelli di Scelta Civica, che più di tutti spingono per un riequilibrio delle forze nel governo dopo l’uscita di Forza Italia e la scissioncina tra montiani e Popolari di Mario Mauro.
Inevitabile la chiosa dall’opposizione. La prima a intervenire dal fronte Forza Italia è Mara Carfagna: “E’ partito il countdown per il governo Letta. Le elezioni si avvicinano”. Poi è il turno di Maurizio Gasparri, che gira la riflessione sul ruolo del vicepremier: “Ma Alfano ha capito dove si è infilato? Renzi e la Kyenge dettano l’agenda a base di ius soli, tasse sulla casa e altri disastri di sinistra. Ora gli fanno pure le pulci sulle poltrone, indubbiamente troppe per un apporto di voti parlamentari esiguo. Fino a quando prenderanno schiaffi? L’alibi della stabilità non regge più. Il governo è finito. Il progetto dei moderati no. E parte da Berlusconi, non certo da Enrico Letta”. Le prime voci di rimpasto erano arrivate dopo il caso Cancellieri e si sono fatte più insistenti con la decadenza dal Senato di Silvio Berlusconi e la fuoriuscita di Forza Italia dalla coalizione governativa. L’accusa, da vari fronti compreso quello renziano, è che ci sono troppi ministri che fanno capo ad Angelino Alfano e alla sua nuova formazione politica Ncd.