La presidente di Mps Antonella Mansi è pronta a imporre il rinvio della ricapitalizzazione ed è già in cerca di un altro banchiere. Alessandro Profumo pronto a lasciare
Affezionati alla tradizione del Palio, che solo loro sono in grado di comprendere, i senesi sembrano assistere con grande divertimento al duello tra Antonella Mansi, presidente della Fondazione Mps, e Alessandro Profumo, presidente del Monte dei Paschi. Non importa se lo scontro costerà carissimo alla banca e alla città. I senesi tifano. Il primo tifoso è il sindaco, Bruno Valentini, che ieri ha salutato l’ipotesi delle dimissioni di Profumo con una battuta beffarda, perfettamente in linea con lo spirito cittadino: “Io sono un sindaco e dico che morto un sindaco se ne fa un altro”.
La resa dei conti è stata rinviata da ieri a questa mattina alle 9. Infatti la prima convocazione dell’assemblea degli azionisti, che deve varare l’aumento di capitale da 3 miliardi di euro indispensabile per la sopravvivenza della banca, è saltata per mancanza del quorum: doveva essere presente il 50 per cento del capitale più un’azione, l’appello si è fermato al 49,33 per cento. Il presidente Profumo ha dato così appuntamento per questa mattina, quando basterà la presenza di un terzo del capitale. La Fondazione Mps, ancora per poco azionista di controllo, ha il 33,5 per cento delle azioni, quindi non solo il quorum è garantito, ma, se il capitale presente oggi fosse lo stesso di ieri, Mansi entrerebbe nell’auditorium del Monte Paschi con in mano i due terzi del capitale presente in assemblea necessario per far passare le sue decisioni. Quindi verosimilmente oggi Profumo sarà sconfitto, e si inseguono le voci su sue immediate dimissioni. A quel punto toccherà a Mansi spiegare alla sua tifoseria festante le prossime mosse. E lì saranno guai.
I termini dello scontro sono piuttosto complicati, e forse anche per questo molti senesi preferiscono tifare anziché capire, con la stessa allegria con cui hanno distrutto in pochi anni la terza banca italiana. La Fondazione Mps ha in mano il 33,5 per cento delle azioni, che al prezzo di ieri sera valgono in Borsa 760 milioni. È indebitata con le banche per 340 milioni e non ha un euro per la sua quota di aumento di capitale, che sarebbe un miliardo. La banca vale in Borsa 2 miliardi, con un aumento di capitale da 3 miliardi la quota dell Fondazione si diluirebbe al 10-12 per cento nella migliore delle ipotesi, cioè se le nuove azioni vengono emesse a prezzo pieno e senza sconto. La Fondazione ha un altro timore. Il varo dell’aumento di capitale potrebbe far crollare il titolo Mps, che ieri ha chiuso a 0,173 euro. Le azioni della Fondazione sono tutte in pegno alle banche creditrici, che dispongono di una clausola di garanzia secondo la quale le azioni divengono automaticamente di loro proprietà qualora il titolo Mps scenda sotto il prezzo di 0,128 euro.
La presidente della Fondazione ha dunque chiesto a Profumo di rinviare l’aumento di capitale per avere il tempo di valorizzare il suo pacchetto di controllo. Profumo ha invece insistito su un aumento di capitale da subito, entro il 31 gennaio prossimo. Mansi dice che è un modo di uccidere la Fondazione, e ha fatto mettere in votazione all’assemblea una seconda delibera che rinvia l’aumento di capitale a una data successiva al 12 maggio 2014. Non si capisce che cosa in questi cinque mesi pensi di inventarsi Mansi per salvare una Fondazione ormai agonizzante: dieci anni fa aveva un patrimonio di 6 miliardi di euro, oggi le sono rimaste le azioni di una banca che non darà dividendi per chissà quanti anni. Eppure a Siena c’è ancora gente convinta che la Fondazione, in simbiosi con la banca, possa tornare a innaffiare il “territorio” con contributi a pioggia per centinaia di milioni di euro, come negli anni d’oro di Giuseppe Mussari.
Da parte sua Profumo sostiene la linea dell’aumento di capitale prima possibile con due argomenti. Il primo è che le quindici banche che hanno dato la disponibilità per far parte del consorzio di garanzia (cioè sono pronte a versare i 3 miliardi qualora gli attuali azionisti non lo facessero) si ritirerebbero dopo il 31 gennaio, perché inizierà una stagione di mercato affollato, visto che saranno numerose in tutta Europa le banche costrette ad aumenti di capitale per rispondere al giro di vite europeo sui requisiti patrimoniali.
Il secondo argomento riguarda i cosiddetti Monti Bond: Mps ha avuto in prestito 4 miliardi dallo Stato, e si è impegnato a restituirne il 70 per cento (2,8 miliardi) entro il 2014. Rinviando l’aumento di capitale si posticipa anche il rimborso dei Monti Bond, accollando alla banca il pagamento dei corrispondenti pesanti interessi. La rata di interessi già programmata per il primo luglio 2014 vale 329 milioni. Secondo Profumo il rinvio che la Fondazione vuole imporre costerà circa 130 milioni di maggiori interessi.
Per rafforzare i suoi argomenti Profumo si è fatto fare un parere dal giurista Piergaetano Marchetti, secondo cui la delibera del rinvio proposta da Mansi, qualora approvata dall’assemblea, dovrebbe essere impugnata dal cda perché contraria all’interesse della banca e presa solo nell’interesse di un singolo azionista, la Fondazione, in conflitto con quello della società controllata.
Se non è intervenuto un ripensamento nella notte, oggi lo scontro deflagrerà, la Fondazione imporrà il rinvio, Profumo si dimetterà, le tifoserie senesi troveranno nuovo interesse nella sfida tra i candidati alla successione: Carlo Salvatori, Divo Gronchi (ex direttore generale Mps), Piero Barucci (già presidente Mps nel secolo scorso), e Lorenzo Bini Smaghi. Ma intanto la crisi della banca si avviterà e la Banca d’Italia dovrà cominciare a preparare il commissariamento.
da Il Fatto Quotidiano del 28 dicembre 2013