Spesso si pensa che le perdite di petrolio in mare, gli scoppi e gli incidenti siano eventi rari, e che dopo l’esplosione della piattaforma Macondo nel golfo del Messico più di tre anni fa, sia tutto sotto controllo.
E invece i riversamenti e gli incidenti, anche gravi, sono più frequenti di quel che pensiamo, e spesso neanche arrivano alle cronache, se non a quelle locali.
Siamo in zona La Brea – che significa bitume – e dove sorge il La Brea Pitch Lake, il più grande “lago” di asfalto naturale del mondo che fra l’altro è protetto dall’Unesco per la sua unicità geologica. La presenza del lago di bitume ha dato impulso all’industria estrattiva e così oggi ci sono piattaforme, pozzi e oleodotti in tutta La Brea.
Ed è proprio qui che in questi giorni si registra un susseguirsi di eventi e di incidenti su piattaforme, oleodotti e tubature: cinque solo nella settimana prima di Natale. Non si sa ancora se si tratti di sabotaggio o di coincidenze. Il fatto certo però è che intere comunità costiere di La Brea sono coperte di petrolio.
Le vicissitudini iniziano il giorno 17 dicembre 2013 quando si scoprono riversamenti di petrolio dal porto di Pointe a Pierre a causa di tubature difettose usate nelle varie operazioni di carico e di scarico del petrolio e da una piattaforma a mare, la Riser Platform 5 di proprietà della Trinmar, che fa capo alla Petrotrin, la ditta nazionale petrolifera di Trinidad.
Il giorno dopo, la Petrotrin riceve delle chiamate di segnalazione di inquinamento da petrolio a Coffee Beach, in zona La Brea. Vengono allertati tutti gli enti di difesa dell’ambiente e messo in atto il National Oil Spill Contingency Plan, coinvolgendo il ministero dell’energia, dell’ambiente e l’istituto di studi marini.
Il 19 Dicembre, vengono scoperte altre perdite, questa volta sulla piattaforma 17 della Petrotrin, nel campo a mare Trinmar Operations East Field.
Come se non bastasse, il 21 Dicembre un altro degli operatori che fa capo alla Petrotrin, la Trinity Oil and Gas, riporta di avere trovato varie valvole di sicurezza aperte che lasciavano fluire il petrolio da un altra concessione, la WD-2 in zona Rancho Quemado. Si sospetta che le valvole siano state lasciate aperte volontariamente.
L’allerta arriva ai livelli massimi, tanto che si richiede aiuto internazionale dalla Oil Spill Response, che ha sede in Florida. Sono già arrivate quattro navi, due dagli USA e altre due dal Regno Unito. L’inquinamento arriva nelle spiaggie di Queen’s Beach, Carrat Shed, Station Bay, Patience, Granville, Fullaton e Cedros.
La marea nera copre circa 4 miglia di costa, sei chilometri di lunghezza.
Non si sa come fermarla, e anzi, la Petrotrin dice di non sapere esattamente quale delle cinque perdite sia la responsabile del disastro petrolifero. Finora sono stati recuperati solo 700 barili di petrolio. Ce ne sono molti di più e si stima che ci vorranno settimane per sistemare il tutto. È’ il più grave incidente petrolifero della storia di Trinidad.
Ovviamente le comunità di pescatori sono fortemente impattate: c’è puzza dappertutto, le mangrovie sono annerite dal petrolio, la pesca è ferma, con carcasse di pesci e granchi morti in riva. Molti gli uccelli coperti dal petrolio. Almeno venti persone sono finite in ospedale a causa di nausea e forti mal di testa dovuti alle esalazioni tossiche. Non si può cucinare con fornelli a gas, perché si teme che la presenza di fiamme aperte possano causare ulteriori incidenti.
Siccome non si riesce bene a capire esattamente da dove venga il tutto Alvin La Borde, il presidente dell’associazione di pescatori Fishermen and Friends of the Sea, chiede che vengano fermate tutte le operazioni di estrazioni di petrolio nei mari di Trinidad. La Borde accusa la Petrotrin di tagli e di mancanza di adeguati controlli, adeguata sicurezza, adeguata manutenzione e adeguato personale.
In tutta risposta, la Petrotrin, che opera a Trinidad da più di 100 anni, ha ammesso che alcune delle sue infrastrutture sono obsolete e pericolose e che non hanno le capacità necessarie per gestire questa emergenza. Già dieci anni fa avevano annunciato di avere registrato circa ventimila perdite “minori” da oleodotti corrosi.
Hanno però promesso 2,000 dollari al giorno a ciascun pescatore per ogni giorno di lavoro perso.
E intanto oggi 28 Dicembre 2013 il conto delle perdite di petrolio è salito a nove incidenti in dieci giorni. Non si sa ancora quale di queste perdite abbia causato la marea nera.