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Cronache dal Niger – Elogio della follia

I pazzi di Niamey sono lungo le strade e più spesso nei crocevia. Si accampano non lontano dai semafori coi cartoni e le cose trovate al mercato. Alcuni passeggiano senza fine tra una corsia e l’altra del boulevard che porta alla francofonia. Il quartiere è nato per l’occasione dei giochi omonimi e anonimi dal 7 al 17 dicembre del 2005. Per la circostanza avevano deportato in periferia i pazzi, i ciechi, gli storpi e i lebbrosi. Lontano dagli occhi e subito dopo dal cuore come si addice alle repubbliche che si fanno rispettare. Altri hanno ricevuto sedie a rotelle con le quali affrontano il traffico a loro rischio e pericolo. Una parte si trovano in un padiglione dell’ospedale per curarsi.

I pazzi di Niamey sono nella sabbia che avvolge la capitale e che inutilmente improvvisati cantonieri cercano di addomesticare. Portano capelli incolti come l’economia politica del paese. Attraversano la vita come fossero imprestati per non dimenticare la follia nella normalità. Ricominciano tutti i giorni per non scomparire nelle statistiche della Banca Mondiale. Meno di due dollari al giorno che nessuno ha mai visto. In God we trust. Sta scritto sulla moneta verde che pochi hanno toccato con le dita. Il dio mercato della mercanzia che mercanteggia il presente da consumare. La loro follia è più saggia della vendita di futuro a prezzi ribassati.

I pazzi di Niamey parlano da soli o tengono comizi e congressi come i partiti politici. Saranno riconosciuti come patrimonio mondiale dell’umanità. Così è accaduto che non è tanto per la nota moschea di Agadez da parte dell’Unesco. Indossano abiti d’occasione e a volte dormono col capo reclinato su una borsa di plastica usata. Scambiano con altri come loro chiodi arrugginiti dalla consuetudine. Li barattano con pezzi di vetro e perline colorate per le signore di passaggio. Attraversano raramente la strada perché già si trovano dall’altra parte. Pochi o quasi nessuno fa loro delle domande per evitare di conoscere le risposte.

I pazzi di Niamey arrivano ogni giorno. Con le scarpe consumate dall’attesa e rivendute per un biglietto sul tetto dei camion. I bambini li evitano e i grandi li ignorano. Hanno sempre fatto così coi poveri della storia. Pazzi, santi, innamorati e navigatori di cui si avrà un giorno nostalgia. Scavano gli orizzonti e ne portano alla luce le utopie. Di norma sono in fretta nascoste negli occhi dei bambini e si raccontano sottovoce. Gli ultimi di loro sono arrivati insieme di sera con le madri. Di padri ce n’era solo uno perché gli altri avevano cercato altri sentieri. Josué, Charles et Raphael che respirava con l’asma come compagna. Le due madri vogliono tornare in Camerun dopo un anno.  

I pazzi di Niamey sono come i droni americani arrivati all’aeroporto. Osservano e controllano la normalità della gente comune. Li hanno chiamati Reapers perché raccolgono quello che non hanno seminato. Vendemmiano quello che non hanno coltivato. Informeranno chi di dovere sui santuari del terrorismo nel Sahel e non diranno nulla sulla povertà. Nessun drone ne parlerà mai e allora hanno inventato il Programma Alimentare Mondiale. Al contrario dei droni i pazzi tornano ogni sera alla francofonia per poi ripartire all’aurora del giorno dopo. Prima e a volte con loro passano i bambini che frequentano le scuole coraniche col pentolino per elemosinare sguardi.

I pazzi di Niamey prendono nota della grazia presidenziale offerta ai carcerati per la festa della Repubblica. Sono esclusi dalla grazia coloro che hanno commesso furto aggravato e i falsari. E poi i trafficanti di droga e di essere umani. Esclusi pure i coinvolti in terrorismo o i suoi finanziatori. Chi ha ucciso e chi ha commesso violenza carnale. Chi ha offeso il senso del pudore o ha esercitato il reato di corruzione e concussione. Sono graziate invece anche queste categorie a condizione di essere donne incinte o allattanti. Oppure malati di epilessia, tubercolosi, tumore e lebbra. Sono graziati i bambini al di sotto dei 17  anni e le persone oltre i sessan’anni. Sono liberati per grazia presidenziale della Repubblica anche i malati mentali.