Giustizia & Impunità

Riforma della giustizia, liberi tutti

Provate a indovinare: qual è per il governo la prima emergenza della giustizia dopo i troppi condannati che finiscono in carcere? Non ci arriverete mai, ci vuole un aiutino: la prima emergenza della giustizia in Italia dopo i troppi condannati che finiscono in carcere sono i troppi arrestati che finiscono in carcere.

Quindi, dopo il decreto svuota-carceri, ci vuole una bella legge anti-arresti. Vi sta provvedendo la ministra Cancellieri, coadiuvata da un’apposita commissione presieduta da Giovanni Canzio, il presidente della Corte d’appello di Milano che nel febbraio 2012 impiegò un mese per respingere la ricusazione dei giudici del processo Mills, regalando così a B. la sua ottava prescrizione. Insomma l’uomo giusto al posto giusto per una giustizia più rapida ed efficiente.

Il disegno di legge infatti è comicamente dedicato alla “velocizzazione del processo penale” e prevede alcune novità strepitose. La prima è l’obbligo per il giudice di interrogare l’indagato prima di arrestarlo: oggi infatti capita che alcuni candidati all’arresto, non sapendo di essere nel mirino dei magistrati, si facciano trovare in casa al momento del blitz e dunque finiscano sventuratamente in manette. Il governo ritiene che ciò non sia sportivo: l’arrestando dovrà essere preavvertito col dovuto anticipo della prava intenzione dei giudici, convocato per l’interrogatorio e ivi informato dettagliatamente dei sospetti che gravano sul suo capo: così, ove ritenesse ingiusto il proprio arresto, avrà modo di dileguarsi per tempo.

La seconda ideona è quella di affidare la decisione sulle richieste di cattura dei pm a un collegio di tre giudici. Oggi se ne occupa uno solo, il gip, anche perché poi l’arrestato può ricorrere al Tribunale del Riesame (tre giudici) e, se gli va buca, alla Cassazione (5 giudici). Ma, per il governo, un pm e 9 giudici non bastano ancora. Dunque ciò che oggi fa uno solo domani lo faranno in tre, così si spera che litighino fra loro e lascino perdere.
L’effetto accelerante di una simile norma non può sfuggire. Naturalmente nei tribunali più piccoli sarà difficile trovare tre giudici liberi, o non incompatibili per essersi già occupati di vicende affini: così molte catture non si faranno più o andranno alle calende greche. Il ddl governativo parla di sopprimere i tribunali del Riesame, che però oggi intervengono in seconda battuta ed esaminano un numero molto inferiore di casi (e quando il sospettato è già stato assicurato alla giustizia). In ogni caso si fa presto ad aggiungere un ente, mentre è molto complicato sopprimerne uno (vedi l’accrocco fra regioni e province).

Terza novità: niente più limiti al colloquio nei primi cinque giorni fra l’arrestato e il difensore (salvo per mafia e terrorismo). È una norma di elementare buonsenso per evitare che l’arrestato, prima dell’interrogatorio, venga istruito a tacere o a mentire secondo un copione prestabilito. Ora invece sarà un gioco da ragazzi per l’avvocato “formattare” l’arrestato per dettargli le cose da dire e quelle da non dire, i complici da inguaiare e i mandanti da salvare, specie nei processi di corruzione e criminalità finanziaria, dove spesso il difensore rappresenta non solo il singolo, ma l’intera organizzazione criminale.

L’ultima genialata è l’idea di escludere dal giudizio abbreviato le parti civili, che per il risarcimento dei danni dovranno avviare una separata causa civile, costosissima e lunghissima. Così le vittime di delitti gravissimi (l’abbreviato è previsto persino per l’omicidio) saranno escluse da molti processi: un capolavoro.

Ma non basta ancora, perché il ddl governativo verrà integrato con la legge anti-manette Ferranti & C. appena varata in commissione Giustizia. Questa fra l’altro – come spiega Valeria Pacelli sul Fatto Quotidiano di oggi – rende praticamente impossibile arrestare gli incensurati. Che non sono soltanto i delinquenti alla prima impresa, ma anche quelli rimasti impuniti e beccati per la prima volta. A questo punto manca soltanto un codicillo: l’arresto obbligatorio, per manifesta pericolosità sociale, del pm che chiede un arresto.
In galera.

Il Fatto Quotidiano, 29 Dicembre 2013

PRECISAZIONE DI MARCO TRAVAGLIO

A proposito del disegno di legge governativo in materia di custodia cautelare, di cui il Fatto s’è diffusamente occupato il 29 dicembre, pare che esso non sia frutto soltanto delle proposte della commissione presieduta da Giovanni Canzio, presidente della Corte d’appello di Milano, ma anche di quelle della commissione Riccio del 2006 e che le trovate più assurde per ostacolare i magistrati provengano proprio da quest’ultima. Aggiungo una precisazione su una mia frase contenuta nel mio articolo “Liberi tutti” che rileggendola mi pare si presti a equivoci. La frase è “…Giovanni Canzio, il presidente della Corte d’appello di Milano che nel febbraio 2012 impiegò un mese per respingere la ricusazione dei giudici del processo Mills…”. L’equivoco è nel “che”: si riferisce alla Corte d’appello e non al suo presidente Canzio.