Dopo l’esposto di un dipendente della sua società di marketing Cognition, il magistrato di Torino Raffaele Guariniello apre un’inchiesta per chiarire l’utilizzo medico di cellule staminali al di fuori dei protocolli sperimentali previsti dalla legge. Dal 2009, Vannoni inizia un nomadismo sanitario della speranza, girando centri estetici e centri sanitari che si aprono per lui nei giorni festivi: a Torino, Carmagnola, Trieste, Como, San Marino. Gira in Porsche con targa svizzera.
A Lugano hanno sede anche le società che detengono i diritti internazionali per l’utilizzo del metodo Stamina. Altre società interessate al metodo sono basate a Città del Messico e Hong Kong. Il colpo grosso gli riesce però a Brescia, dove riesce a far sperimentare la sua cura presso una struttura pubblica, gli Spedali Civili, anche grazie a Luca Merlino, pezzo grosso della sanità in Regione Lombardia, che si sottopone al trattamento. Il traguardo è raggiunto grazie alle Iene: il programma tv gli dedica alcuni servizi che lo consacrano genio incompreso delle malattie impossibili, paladino della libertà di cura avversato dalla medicina tradizionale e dalle industrie farmaceutiche.
Vannoni, in verità, nel suo metodo infonde più marketing che medicina: mettendo a frutto la sua prima professione, fa circolare uno straordinario depliant pubblicitario incui vanta “oltre mille casi trattati, un recupero del danno dal 70 al 100 per cento (90 ictus con 72 recuperi)”, con “una gamma di una ventina di malattie trattate”. In un video mostra un ballerino russo affetto da Parkinson che si alza dalla carrozzella “e torna a ballare” e una giovane paralizzata dalla Sla che riprende a camminare. Il metodo Stamina conquista una schiera di sostenitori, specialmente tra i malati di sindromi gravi e i loro parenti, che s’aggrappano alla speranza di aver trovato una cura definitiva.
Il mondo medico e scientifico è invece scettico, in assenza di prove: addirittura preoccupato per i pericoli a cui i pazienti si espongono. Umberto Veronesi dichiara che il caso Stamina “ripercorre il canovaccio delle vicende Bonifacio e Di Bella”, cioè sperimentazioni senza alcun criterio scientifico “avviate sotto la spinta della piazza”. Procure, tribunali, Tar, commissioni scientifiche e ministeri cominciano a rimpallarsi decisioni contraddittorie. Fino a oggi, con l’inchiesta giudiziaria della procura di Torino che sta giungendo alle sue conclusioni sul metodo dell’uomo di marketing che voleva rivoluzionare la medicina.
Il Fatto Quotidiano, 28 Dicembre 2013