A Lodewijk Asscher, vicepremier olandese e ministro degli Affari Sociali del Regno, non manca la creatività: esponente della nuova generazione di dirigenti del Pvda, i laburisti dei Paesi Bassi, è noto per le mire alla segreteria del suo partito e per l’atteggiamento tiepido che i partiti di sinistra normalmente riservano alle sue proposte. La penultima, in ordine cronologico, riguardava il divieto di esercizio legale della prostituzione ma ora, Lodewijk, affronta una nuova tematica con la quale vorrebbe dare al vecchio e stanco Pvda, attualmente al tracollo nei sondaggi, nuova energia, riscrivendone soprattutto la filosofia sulla questione immigrazione. Il Pvda è accusato dalla destra olandese (in particolare dal partito xenofobo di Wilders) di aver “aperto negli anni ’60 e ’70 le porte del paese a tutti” e dato che i sondaggi indicano che la maggioranza degli olandesi è contraria alla fine delle restrizioni per lavoratori bulgari e romeni, Asscher ha pensato bene di smetterla di farsi sorpassare dalla sinistra dal Partito Socialista (SP), contrarissimo alla libera circolazione dei lavoratori in Europa; secondo i sondaggi, l’SP sarebbe il primo partito di sinistra del paese e allora il vicepremier ha pensato bene di correre ai ripari escogitando il “participatieverklaring”.
Di cosa si tratta? Di un contratto (in pratica, di una paginetta scarsa) che riassume i principi sui quali si basa la società olandese e che gli stranieri dovranno firmare, a partire dal 2014. Il documento non dice poi granché oltre ad un invito agli stranieri a rispettare leggi e costumi del paese. Ci sarebbe poco da commentare se non fosse poco (o nulla) chiaro a chi è indirizzato questo documento e quale obiettivo voglia raggiungere. Asscher avrebbe voluto “obbligare” alla firma tutti gli stranieri, inclusi i cittadini comunitari ma ha dovuto presto desistere perché una misura simile sarebbe contro la normativa UE.
Il “participatieverklaring non riguarda i cittadini olandesi, non riguarda i cittadini delle Antille olandesi, non sarà obbligatoria per i cittadini dell’UE e per i turchi (grazie al trattato di associazione UE-Turchia), non riguarda i lavoratori altamente qualificati, indipendentemente se EU ed extra-EU, non riguarda i cittadini già esentati dall’ “inburgering” (il corso lingua e cultura nederlandese, obbligatorio per i cittadini extra-EU) quali nord-americani, giapponesi, australiani e “kiwi”.
Insomma, gran parte dei residenti saranno di fatto esentati dall’obbligo di firma. Certamente non lo saranno i cittadini immigrati da Africa e Medio-Oriente che tuttavia, già devono affrontare obbligatoriamente un anno di corso, l‘“inburgering“, di cui si parlava prima, seguito da un esame. Quindi oltre a passare l’esame di olandesità, dal prossimo anno dovranno anche firmare un contratto. La montagna insomma, ha partorito il topolino. Pur volendo riconoscere al vicepremier i più nobili intenti, ciò che resta è un contratto senza vincoli che riguarda una percentuale minima della popolazione e si limita a ricordare ai nuovi arrivati che l’Olanda non tollera discriminazioni, nonostante in parlamento sieda un partito l’SGP che discrimina apertamente le donne e considera l’omosessualità un crimine (si tratta di un partitino cristiano-riformato del quale un giorno vi racconterò..).
Il messaggio, comunicato in maniera piuttosto maldestra, è che gli stranieri devono uniformarsi al rispetto delle regole nei Paesi Bassi, come se gli olandesi, per il solo fatto di essere olandesi fossero immuni alla violazione delle leggi nazionali. Oppure, al contrario, come se gli stranieri, per il solo fatto di essere stranieri, fossero più soggetti a commettere reati. In realtà, con la scelta di escludere dalla firma obbligatoria del contratto i lavoratori extra-UE altamente qualificati, si dice che l’adesione ai principi su cui si basa la società olandese è presunta, per un ingegnere informatico iraniano mentre deve essere provata per un giornalista o un insegnante, figure profesionali che non rientrano nello schema di immigrazione per lavoratori altamente qualificati. Merita una menzione anche il lodevole invito ad imparare l’olandese, nonostante il governo, de facto, non offra corsi gratuiti di lingua (ad eccezione dell’Inburgering, di sempre più difficile accesso per coloro non “obbligati” a sostenerlo) ed i tagli alla spesa pubblica, abbiano decimato i fondi per l’integrazione.
Ma aldilà di tutto la prova regina, quella che incastra Asscher e le sue reali intenzioni sono le critiche costanti al diritto di circolazione nell’UE che forse, se Maastricht non fosse proprio in Olanda, suonerebbero un po’ meno stonate.