L’esito storico dell’assemblea di Mps di sabato scorso, oltre a creare una crepa definitiva tra i vertici della banca, guidata da Alessandro Profumo, e quelli della Fondazione, ha spiazzato tutte le aspettative del mercato, degli investitori e degli speculatori. L’assemblea ha votato alla stragrande maggioranza la proposta di Antonella Mansi, numero uno della Fondazione Mps, per rinviare l’aumento di capitale e prendere tempo. L’obiettivo di mantenere più a lungo il potere sulla banca va in netto contrasto con la strategia dei manager che la guidano. Uno degli eventi più drammatici per una società quotata, uno di quelli che fa crollare il titolo.
In realtà già domenica si poteva immaginare che al riavvio di settimana il titolo sarebbe andato a finire sull’ottovolante. Esattamente quello che è avvenuto. Dietro c’è infatti una ragione principalmente tecnica che si chiama ricopertura. Molti investitori all’idea di un aumento di capitale da avviare a inizio gennaio avevano scommesso su una discesa del titolo a fine dicembre e comunque prima dell’operazione da tre miliardi. Il voto di sabato e l’ok alla linea della Mansi ha invece posposto di almeno cinque mesi l’aumento e sballato le scommesse di chi aveva puntato su un picco negativo in Borsa. Questi stessi, che avevano venduto in precedenza allo scoperto, si sono trovati a mettere denaro sul titolo. A comperare e far salire il prezzo. Gli sbalzi sono stati notevoli perché le scommesse allo scoperto erano davvero tante. Basti pensare che solo Wellington Management aveva uno scoperto pari all’1,14% del capitale dal primo luglio scorso e Odey Asset management, un altro fondo estero, lo 0,91% di scoperto dal 28 novembre.
Gli analisti di Borsa in generale lo definiscono rimbalzo tecnico. Ma è chiaro che oggi c’è stato qualcosa di più. E’ cambiata anche la filosofia di fondo. La scelta di rinviare l’aumento di capitale dice al mercato che c’è un rischio in più di vedere la banca nazionalizzata. Poco importa che il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni abbia gettato acqua sul fuoco. Chi può adesso cambia investimenti e riposiziona le scommesse. Così dopo una partenza molto negativa ben sotto il 3% il titolo è schizzato all’insù per poi guadagnare a mezzogiorno lo 0,81% a 0,1744 euro. E chiudere a sera poco sopra a 0,1745. Con un +0,87%.
C’è poi un altro aspetto della giornata borsistica che tocca più da vicino la Fondazione. Rimbalzi tecnici così non possono che far piacere a Palazzo Sansedoni perché consentono alla Fondazione di chiedere più denaro alla cordata delle altre Fondazioni e dei fondi che sosterranno dopo maggio l’aumento di capitale studiato dalla Mansi. Sembra che un dieci per cento di azioni della banca sul 33,4 % in possesso della Fondazione sia già stato opzionato a 0,18 euro. Alcuni investitori si sono fatti avanti per comperare titoli a 0,14 euro. E’ chiaro che strappi come quelli di ieri spostano le asticelle della trattativa più in alto, aumentando la capacità della Fondazione di fare cassa.