Il fabbisogno del territorio potrebbe essere coperto da 3 impianti, in realtà ce ne sono 8. E a battersi non è solo Pizzarotti (Parma), ma anche i colleghi di Modena e Forlì. Pighi: "Bisogna penalizzare la distruzione dell'indifferenziato lontano dai luoghi di raccolta". Balzani: "Non ha senso la differenziata se non c'è una filiera del riciclo puntuale". La paura di tutte le città è diventare "l'inceneritore d'Italia"
L’ultimo ad essere acceso è stato quello di Parma, il più antico è quello di Ravenna, mentre Reggio Emilia è l’unica provincia ad averlo spento. Gli inceneritori in Emilia Romagna sono 8, quasi uno per ogni provincia, anche se è stato calcolato che il fabbisogno dell’intera Regione potrebbe essere coperto da due o tre impianti. Lo ha sempre sostenuto l’ex assessore Sabrina Freda, che sulle sue idee anti-inceneritore si è giocata la delega in giunta regionale all’Ambiente, e lo confermava anche il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, durante la sua battaglia poi persa contro l’accensione dell’inceneritore di Ugozzolo: “Se non lo riusciremo a spegnere, lo affameremo” diceva il primo cittadino Cinque Stelle, riferendosi all’aumento della differenziata. Ma nei mesi scorsi la situazione è cambiata: la Regione ha messo sul tavolo un piano di rifiuti che guarda a un bacino regionale, ancora da discutere.
Nell’estate 2013, un anno dopo che Reggio Emilia aveva spento il suo inceneritore, a Parma si accendeva l’ultimo dell’Emilia Romagna e con un atto tecnico il Comune di Modena in agosto ha dato il via libera all’arrivo di rifiuti da fuori provincia nell’impianto cittadino. Simile autorizzazione hanno anche i termovalorizzatori di Ferrara, Ravenna e Bologna, qualificati come impianti di recupero, che (anche se finora non l’hanno fatto) possono smaltire, in subordine ai rifiuti urbani indifferenziati dell’ambito provinciale, quelli provenienti da fuori Regione e infine rifiuti speciali non pericolosi.
L’originario principio dell’autosufficienza per provincia è stato superato dall’aumento della differenziata. Più i cittadini differenziano, più liberano spazio per altri rifiuti negli inceneritori. Rifiuti che arriveranno da altre province e poi, se la rete integrata nazionale andrà avanti, anche da altre regioni. E così gli impianti nell’Emilia Romagna dei continui sforamenti delle Pm10 non smetteranno mai di bruciare. “Essere diventati virtuosi non è a quanto pare servito a niente. Era tutta una finta” ha commentato l’associazione Gestione corretta rifiuti, che a Parma da anni si batte contro il forno di Ugozzolo. Anche per questo, ha spiegato Pizzarotti, “non avrei mai voluto che venisse acceso l’inceneritore: essendo l’ultimo e il più tecnologicamente avanzato, sarà anche uno degli ultimi ad essere spento. Si deve fare qualcosa a livello regionale e nazionale, perché in questo modo non si incentiva un sistema virtuoso di gestione rifiuti”.
Insieme a quello di Parma, gli inceneritori candidati a ricevere rifiuti da oltre Regione sono quelli di Modena e Forlì, che hanno una tecnologia più avanzata, a differenza di quelli di Piacenza e Ravenna, che sono i più vecchi. Anche i sindaci di queste città sono stati tra i firmatari di una lettera al ministro Orlando. “E’ ecologicamente negativo far viaggiare i rifiuti – spiega il primo cittadino di Modena Giorgio Pighi – anche perché c’è il rischio che sfuggano al controllo degli operatori. Per questo bisognerebbe penalizzare la distruzione dell’indifferenziato lontano dai luoghi in cui si produce e creare un sistema in cui gli enti locali sono in grado di controllare il processo di smaltimento”.
Da più parti si invoca un piano regionale che ristabilisca gli equilibri e dia obiettivi precisi ai comparti provinciali. “Non ha senso andare avanti con la differenziata se non c’è a valle una filiera del riciclo con una tariffazione puntuale – ha sottolineato il sindaco di Forlì Roberto Balzani – e se devo tenere in piedi gli inceneritori compensandoli con i rifiuti da fuori Regione”.
La partita però non la giocano soltanto le amministrazioni, comunali o regionali che siano. In primo piano ci sono anche le società di servizi, le multiutilities come Hera e Iren quotate in Borsa. Le due grandi società a partecipazione pubblica controllano la quasi totalità della gestione e dello smaltimento rifiuti in Emilia Romagna e con il piano nazionale degli inceneritori, se i rifiuti locali non dovessero più bastare per far funzionare gli impianti, potrebbero guardare a quelli oltreconfine. Lo ha confermato il presidente di Iren Francesco Profumo in una recente visita a Parma, dicendo che “il rifiuti zero non è fisicamente possibile” e che gli impianti come l’inceneritore di Ugozzolo “devono essere visti nella logica di un’area più vasta che dipenderà dalle discussioni della legge a livello regionale e nazionale”.