Oscar Wilde, nel Ritratto di Dorian Gray, narra di un giovane ossessionato dalla sua bellezza e dal terrore della vecchiaia che confina in un ritratto, mentre lui conserva intatta la sua giovinezza, fino a commettere ogni nefandezza per giustificare il suo patto demoniaco. Senza scomodare i miti dell’eterna giovinezza, il nostro sistema mediatico-politico, ha inaugurato la fase young del Belpaese, a lungo il luogo della classe politica più longeva e inamovibile. Basta pensare per tutti ad Andreotti che abbiamo forse temuto immortale in senso perfino fisico.
Ora scoppia il mito dei “giovani al potere”, sicuramente meglio dal punto di vista estetico, rispetto alla calotta di plastica luccicante sulla testa calva di Silvio, icona della decadenza anche fisica della classe politica con contorno di nano, saltibanchi e ballerine. Però, essendo il nostro un paese aulico cui garba l’eccesso retorico, l’esagerazione fino alla teatralità, come succede ogni volta un concetto, un’immagine, diventano totem da diffondere come il verbo della verità assoluta: ed ecco che d’incanto i nostri politici diventano tutti giovani, al governo, nelle primarie, nelle segreterie, in maggioranza e nelle opposizioni, soprattutto in televisione, scompaiono i volti maturi, o depassé, di un tempo e compaiono efebiche beltà, giovani arbusti, perfino acerbi post-adolescenti con disegnata sul volto l’ingenua malizia dei parvenu, entrati d’incanto nelle stanze dei bottoni.
Nei talk-show, giornalisti ed esperti appaiono dei dinosauri, se hanno passato la cinquantina. La sensazione che si prova è per certi versi di malinconia ancora più profonda, perché in tutto questo turbinio di vitalismo da ormoni della crescita non si percepiscono affatto idee nuove ed originali ma un senso patetico di déjà vu, anche quando mette i panni dei severi Grillo’s boys, tante critiche agli altri ma di proposte serie nemmeno l’ombra. A mettere il sigillo sulla “fonte dell’eterna giovinezza politica” è stato il prode Presidente del Consiglio, nipote di cotanta longeva ziitudine, personaggio brillante, a tratti perfino dal temperamento disinvoltamente scoppiettante, e nello stesso tempo sapientissimo “stabilizzatore” della barca in secca del suo governo tentennante.
Paritempo il sindaco di Firenze – e capo del Pd! – ha salomonicamente avvisato che, a scanso di equivoci, lui intanto si ricandida: a dimostrazione che non si lascia una poltrona importante e remunerata, senza adeguato e corrispondente ricambio, mentre l’alto scranno di partito, gli serve sostanzialmente per allungare il collo più in alto e dominare il panorama. Sono giovani, ma hanno le idee molto chiare, questi ragazzi, sul concetto di potere, roba che noi “vecchi compagni” facciamo la figura delle matricole.
Sarà un po’ di sana invidia per le rughe ed il tempo che passa, sarà il cinismo di averne già viste e sentite troppe di mistificazioni e menzogne, questa zuppa che bolle ci sembra molto una minestra riscaldata.