La morte è una “livella”, come diceva Totò: ci rende tutti uguali. C’è chi però, almeno nella forma, vuole distinguersi e aumentano le richieste di bare a colori fluo e sepolture artistiche, con le polveri dei defunti stese a pennellate direttamente nei quadri. Avevano già fatto parlare di sé i “diamanti della memoria”, vere e proprie pietre preziose create a partire dalle ceneri dei defunti. Richiesti soprattutto in Germania, Austria, Svizzera e Spagna, i diamanti funebri hanno mercato anche in Giappone. Ogni anno i produttori svizzeri ne realizzano circa 1000. In Ghana vanno di moda casse di ogni forma: ananas, pesce, scarpa o automobile, a seconda delle passioni del cliente. In Inghilterra l’azienda And Vynily pressa le ceneri del defunto tra i solchi dei dischi in vinile, che possono riprodurre una canzone o anche la voce del defunto.

Ma in Italia a trovare richiesta sono altre due formule, che, appena affacciatesi sul mercato, hanno già molti fan e promettono di diventare presto il nuovo business funebre. Sono le bare dipinte a mano e i dipinti col morto. Proprio così: c’è chi realizza quadri e mosaici con le ceneri dei defunti. Come Brunetta Puccinelli, pittrice di Massarosa (provincia di Lucca), che ha persino brevettato un metodo di conservazione delle ceneri nel pigmento. L’attività deve ancora partire ma gli anziani sono già interessati. Sole Moriconi, arzilla ultra 70enne di Casoli (Camaiore) racconta al fattoquotidiano.it: “Vorrei far fare un quadro con le ceneri di mio marito, un bel ritratto di mio marito che non c’è più, così ci parlo. Ora parlo col barattolo”. E per sé Sole ha le idee chiare. “Vorrei una bella cassa colorata dipinta a mano. La vorrei subito, da tenere in casa come un mobile. Alleggerisce l’idea della morte, è bella. Per il mio funerale non voglio preti, né affissioni, né benedizioni, ma una bella musica di Celentano e una cassa colorata, perché rappresenta il mio carattere: a colori. Sarebbe una meraviglia”.

E sa già a chi commissionarla: in paese c’è una pittrice, Danila Di Ciolo, che finora ne ha realizzate una decina. Bare dipinte a mano con fantasie astratte e colori sgargianti, su commissione delle pompe funebri locali. I paesani sono entusiasti. Come Marta Livi, sessantenne di Camaiore. “Vorrei una cassa come questa, sgargiante, senza figure particolari, solo astratte – dice – Voglio lasciare un segno di allegria. In cielo ho gente che mi aspetta ed è felice di vedermi: una cassa deprimente non mi piace”. Ad apprezzare le casse vivaci della pittrice camaiorese sono anche i non credenti. “Da quando si nasce – spiega Massimiliano Cappelli – si cammina insieme alla morte. Se lo sai, prendi diversamente la vita. Non sono credente ma l’idea di morire tra i colori è più bella, è meglio sia per chi resta che per chi se ne va”.

E’ ciò che ha spinto anche la Di Ciolo a passare dalle tele alle bare. “Le casse normali, marroni o nere, mi fanno paura, danno angoscia. Si può scegliere piuttosto una bella bara bianca col coperchio dipinto. Posso dipingerci angeli che accompagnano in cielo, farfalle, baci. Una signora mi ha chiesto una bara con le sembianze del marito, un po’ evanescenti, che le vanno incontro”. Per ora le bari dipinte da Danila sono state un esperimento. “Non mi sono fatta pagare” dice la pittrice che peraltro già ha intuito che il mercato per le sue bare è fertile. E presto colorerà anche le urne. Senz’altro danno meno nell’occhio. “La prima volta che mi è arrivata una bara da dipingere – spiega – i miei vicini di casa si sono allarmati perché mi è stata recapitata col carro funebre: pensavano fosse morto qualcuno. E invece dovevo solo pitturarla”.

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