La parola chiave del Nuovo Anno per il rilancio della politica italiana nella cosiddetta sfera ambientale sarà adattamento.
Adattamento significa riconoscere l’esistenza di un problema e delle sue conseguenze e agire per limitare i danni che si dovranno fronteggiare cogliendone le opportunità; in altri termini è sinonimo di conoscenza e consapevolezza.
Non più di tre mesi fa l’IPCC ha confermato che i cambiamenti climatici sono reali, che la temperatura media della Terra sta lentamente aumentando, e che sono in aumento la frequenza e l’intensità degli eventi estremi (es: Bopha e Hayan nelle Filippine o Sandy negli Stati Uniti, passando per gli eventi che hanno colpito la nostra penisola) e tutto questo è causato dalle attività umane.
Adattamento è però anche sinonimo di cooperazione e condivisione. Leggendo la Strategia Europea per l’Adattamento e la bozza in consultazione pubblica della Strategia Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici italiana emerge chiaramente quale deve essere il carattere distintivo di un’efficace politica sull’adattamento: intersettorialità (sia essa su scala europea, italiana o sub nazionale).
Agire in modo condiviso è fondamentale. Occuparsi di adattamento non significa agire su di un sola attività ma operare a 360° su molti settori già tra loro connessi: risorse naturali, ecosistemi e i settori economici ad essi collegati (agro-forestale, turismo, zootecnia, produzione di energia rinnovabile); infrastrutture e trasporti, il problema dell’approvvigionamento di risorse, beni e la fornitura di servizi (luce, energia e telecomunicazioni); la messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico, considerando tutte le problematiche ad esso correlato, ad esempio la corretta gestione delle risorse idriche, vitali non solo in termini di sicurezza ma anche di sopravvivenza di alcuni settori strategici del Made in Italy.
Una partita complessa, che mette al tavolo da gioco differenti attori e interessi. La partita dell’adattamento non può essere una mano di poker, dove alcuni giocatori bluffano per ottenere più risorse di quanto necessario per investirle in piani, programmi e progetti non utili. Il bluff nella sfida dell’adattamento non è ammesso. E questo vale tanto per i decisori politici quanto per il settore produttivo e il mondo dell’associazionismo.
Il sistema politico deve raccogliere la sfida che l’adattamento gli pone: scelte chiare con priorità definite serviranno non solo a far ripartire il Paese ma anche a ridare credibilità ad una politica mai così lontana dai cittadini come in questi anni.
I Comuni e i cittadini al centro della sfida. L’obiettivo è ottenere politiche efficaci e al minor costo possibile. Per farlo sarà indispensabile trasmettere il maggior grado di conoscenza e consapevolezza non solo dei rischi ma anche dei benefici ai cittadini, i veri attori protagonisti del cambiamento. E il luogo in cui i cittadini reciteranno la loro parte sarà proprio all’interno delle loro comunità, i Comuni, il livello di politica loro più vicino, in cui si realizzano il cambiamento e l’innovazione, la sperimentazione e la virtuosità. Gli Enti Locali dovranno essere messi in condizione non solo di poter pianificare e programmare ma anche, e forse soprattutto, mettere in atto gli interventi richiesti a livello locale per adattarsi.
Partecipazione come strumento di attuazione. Adattamento è conoscenza e consapevolezza, cooperazione e condivisione e quindi non può che essere partecipazione. Partecipazione attiva alle decisioni, all’attuazione delle politiche, alla diffusione delle buone pratiche ma anche ai momenti di confronto, incontro e informazione sulle tematiche legate ai cambiamenti climatici: in questo sarà cruciale il ruolo del mondo associativo nell’essere tramite tra i cittadini e i decisori coinvolgendo anche i rappresentanti del mondo delle imprese: l’azione condivisa è fondamentale.
Una sfida cruciale per il nostro Paese. L’Italia, situata al centro del Bacino del Mediterraneo, è esposta ad effetti amplificati dei cambiamenti climatici in atto (si pensi ad esempio che il riscaldamento registrato nell’area alpina negli ultimi trent’anni è triplo rispetto alla media di tutto l’emisfero Nord. Alcamo, 2007). Il grado di rischio a cui è esposto il nostro Paese è quindi in aumento: questo comporta maggiori incertezze, che si sommano alla difficoltà di investimento che già caratterizzano il Bel Paese. Non possiamo permetterci di introdurre o amplificare nuove forzanti: è necessario comprendere e analizzare i rischi per coordinare in modo strategico le soluzioni per tutelare cittadini ed imprese non solo rispetto agli impatti ma anche sulla pianificazione a lungo periodo della vita quotidiana (pianificazione urbana) e produttiva (piani di investimento a lungo periodo).
Come ha ricordato l’ex Ministro dell’Ambiente Corrado Clini a Varsavia nel corso di un side event “Negli ultimi venti anni il costo degli impatti dovuti ad eventi estremi è stato di circa 50 miliardi di Euro”: è pertanto necessario cominciare a pensare che, in fase di redazione del bilancio nazionale si debbano considerare i costi relativi agli eventi estremi e non agire solo in fase di emergenza, andando a sottrarre risorse al welfare o alla scuola.
I costi della prevenzione sono minori dei costi delle emergenze. La Strategia Europea sull’Adattamento ci conferma che prevenire è meglio che curare: infatti “per ogni Euro speso in azioni di adattamento se ne possono risparmiare fino a sei in costi di ripristino degli impatti”. E’ necessaria un’azione politica che fornisca gli strumenti per scorporare le spese dell’adattamento dal Patto di Stabilità – sia in campo comunitario che locale: recenti studi mostrano come aumenti di spesa pubblica relative a misure di adattamento provocano nel lungo periodo un beneficio anche per quanto riguarda il rapporto deficit/PIL.
In gioco non c’è solo la tutela del paesaggio: come abbiamo visto si parla di sicurezza di abitazioni e infrastrutture, di finanza pubblica e parametri di bilancio, di pianificazione e gestione degli investimenti per le imprese, di prodotti tipici e ricchezze che solo il nostro Paese possiede, pensiamo solo alle eccellenze in campo agro-alimentare, ma non è che un piccolo esempio.
L’Anno Nuovo dovrà quindi portare al centro dell’agenda politica più ADATTAMENTO e più PARTECIPAZIONE. Gli ingredienti giusti per iniziare a ricostruire un Paese migliore.
Buon Anno.
Federico Antognazza, vice presidente Italian Climate Network