Niente più tariffe “tutto compreso” e sanzioni ai clienti di donne, non libere, ma costrette alla prostituzione. Nella Germania che, il 16 dicembre scorso, ha dato vita al suo terzo governo, Angela Merkel si appresta a cambiare l’attuale legge sulla prostituzione, introdotta inizialmente nel 2001 dal governo rosso-verde di Gerhard Schröder. Un “mestiere” legale dai tempi dell’unificazione (gli unici divieti risalgono al nazismo e poi al periodo della Ddr) e dal 1° gennaio 2002, professione riconosciuta anche fiscalmente. Da quanto emerge dal programma sottoscritto dalle due compagini della nuova “Grosse koalition” (composta da Cdu, Csu e Spd) poco o nulla cambierà invece per le libere professioniste che hanno finora lavorato in maniera indipendente, senza offrire le proprie performance anche all’interno di case chiuse. Al contrario, la nuova legislazione andrà soprattutto a colpire i gestori di quei bordelli che offrono flat rate, ovvero tariffe secondo cui si hanno donne per un determinato periodo di tempo. Le prostitute che lavorano in questi contesti, molto raramente sono assunte con contratto, ma sono piuttosto libere professioniste a cui o si fa pagare un biglietto d’ingresso necessario poi per esercitare in loco o si affittano le camere all’interno della struttura (altra escamotage legale per prendere una quota fissa da ogni prestazione).
“La Germania è un paradiso per i turisti del sesso dei Paesi vicini”, è l’opinione della storica femminista tedesca Alice Schwarzer, tra le fondatrici a fine anni ‘60 del movimento femminista parigino Mouvement de Liberation des Femmes e che si è fatta promotrice di un nuovo appello (dopo quello già lanciato nel 2002) per vietare la prostituzione. Nonostante infatti il parere sostanzialmente positivo sull’attuale legge espresso da esperti del settore come l’Hydra, un’associazione tedesca nata nel 1980 per dare consulenza medica e legale alle prostitute, dal 2002 ad oggi non solo lo sfruttamento della prostituzione, seppur relativamente minimo rispetto ad altri paesi europei, è ancora presente, ma la Germania attrae sempre più turismo sessuale dai paesi limitrofi. Esemplare in tal senso è il caso della Saar, piccola regione tedesca al confine con la Francia dove è prossima l’apertura del più grande bordello d’Europa. Ben 4500 mq di stabile, un numero variabile tra le 70 e le 90 prostitute (prevalentemente provenienti dell’est Europa) presenti 24 ore su 24 ed un investimento che solo di costruzione si aggira sui 4,5 milioni di euro. All’epoca l’amministrazione cittadina non poté dire nulla contro il progetto visto che doveva limitarsi ad accertarsi che la costruzione fosse eseguita secondo legge, senza potere conoscere la destinazione d’uso dell’immobile. Ora residenti e sindaco di Saarbrücken sono sul piede di guerra, ma con poche speranze che arrivi uno stop dell’ultimo minuto (che dovrebbe chiamarsi Paradise Island). Affnché ciò accada dovrebbe cambiare l’intera legge nazionale, ma per il momento sembra difficile. I recenti echi proibizionisti della Francia, dove è stata appena approvata una nuova legge, sono lontani da qui.
Ormai la prostituzione in Germania è diventata infatti anche un grande business (ben 14.5 miliardi di euro l’anno secondo il sindacato dei Verdi), che porta i relativi benefici anche alle casse dello stato. E’ solo della settimana scorsa la notizia che una coppia di Francoforte, peraltro beneficiaria di un sussidio sociale, sia stata messa sotto accusa per avere organizzato circa 450 sex parties negli ultimi 8 anni, senza pagare alcuna tassa (si stima un totale di circa un milione di euro). I prezzi per la partecipazione ai festini partivano da 180 euro a persona. Nessuno scandalo, almeno riguardo ai festini. Ben diverso il discorso sull’evasione fiscale. Su quella, in Germania, non sono ammessi sconti di sorta.