Il progetto "volontario" è di Carlo Soricelli, metalmeccanico in pensione che denuncia: "I dati diffusi dalle istituzioni sono incompleti. Io voglio solo ricordare che non bisogna mai abbassare l'attenzione e che questo è uno dei drammi che vive la nostra società contemporanea"
L’idea di fondare un Osservatorio indipendente dedicato al monitoraggio delle morti sul lavoro Carlo Soricelli, metalmeccanico in pensione, l’ebbe guardando le fotografie dei sette operai che persero la vita alla Thyssen Krupp di Torino. Era il 2007, la notte tra il 5 e il 6 dicembre, e da poco era scoccata l’una del mattino quando una fuoriuscita di olio bollente, che provocò un incendio, uccise Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demani. “Seguii la notizia sui giornali – ricorda Soricelli – e mi stupii nel constatare come in Italia non si riuscissero a trovare dati precisi sul numero di vittime che ogni anno perdono la vita svolgendo la propria professione. Per me era una lacuna, così decisi di colmarla”. Il 1 gennaio 2008, quindi, l’ex operaio della Fasco di Granarolo, azienda fondata 45 anni fa nel bolognese, specializzata nella produzione di chiodatrici e cucitrici industriali, avviò l’Osservatorio indipendente di Bologna, e anno dopo anno si impegnò, “in maniera del tutto volontaria”, in una attività di monitoraggio su scala nazionale, “perché questa è una piaga sociale sulla quale non bisogna mai abbassare l’attenzione”.
“Seguendo da vicino tutti i casi riportati – racconta Soricelli, che è anche pittore – mi sono reso conto che i dati diffusi dall’Inail sono incompleti. L’Inail, come mi è stato confermato dall’ente stesso, è in grado di monitorare esclusivamente le categorie assicurate tramite l’istituto nazionale, quindi non tutti i gruppi professionali vengono conteggiati: mancano i vigili del fuoco, i carabinieri, la polizia. O le partite iva, per esempio, che pagano la propria assicurazione a parte”. A riprova, spiega il fondatore dell’Osservatorio di Bologna, ci sono i dati: nel 2012, secondo Inail, i morti sul lavoro sono stati 790, di cui 409 in itinere, cioè deceduti in seguito a incidenti avvenuti mentre il lavoratore si spostava da, oppure verso, il proprio posto di lavoro. “A me risulta un dato molto più elevato: secondo i casi monitorati, le persone che nel 2012 hanno perso la vita sul lavoro sono state più di 1180. Il dato non è preciso perché non sempre per un cittadino è facile capire se un incidente stradale, per esempio, riguarda il titolare di una partita Iva che stava andando a lavorare. Certo è che, escludendo i casi in itinere, solo le vittime accertate sono state 625. Un numero ben superiore rispetto a quello fornito da Inail”. Anche perché, secondo i numeri dell’Osservatorio, sarebbero da conteggiare anche le circa 1.200 richieste pervenute all’Istituto e inoltrate da famiglie i cui cari erano morti in servizio ma non erano ancora stati riconosciuti come morti sul lavoro.
Ma nemmeno il decremento registrato da Inail nel numero di morti sul lavoro torna a Soricelli: “Dal 2008 a oggi, sempre secondo i dati ufficiali, si sarebbe registrato un calo nel numero di vittime decedute in seguito a incidenti fatali. Non sono convinto che sia così. Nel conteggio, infatti, bisogna considerare che molte aziende, per via della crisi, assumono sempre più lavoratori a partita Iva, piuttosto che a contratto. E quella categoria non rientra nel monitoraggio”.
I rilievi, precisa il fondatore dell’Osservatorio, “non vogliono puntare il dito, ma intendono semplicemente segnalare che il problema esiste, e che le risorse, oggi, non sono utilizzate con sufficiente oculatezza. Si sente parlare di sprechi ogni giorno: bene, io credo che i soldi a disposizione dovrebbero essere ottimizzati, perché è necessario investire sulla sicurezza”. E’ stato lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel giorno della 63esima giornata dedicata alle vittime di incidenti sul lavoro, del resto, a definire questa “una piaga sociale” sulla quale “non si deve abbassare la guardia”. “E’ una carneficina – conferma Soricelli – da quando l’Osservatorio ha aperto sono stati monitorati 3690 lavoratori morti sui luoghi di lavoro, comprese le vittime decedute anche molto tempo dopo a causa dell’infortunio. Con i decessi in itinere si arriva a superare le 7400 vittime di infortuni mortali. Solo nel 2013 sono stati documentati, ad oggi, 553 vittime, cifra che arriva a oltre 1150 casi se si aggiungono i morti sulle strade”.
“Ciò che trovo scandaloso – continua – è il disinteresse dimostrato dalla politica sulla questione. Il problema però è reale: in Emilia Romagna, per esempio, il terremoto ha distrutto i capannoni come fossero castelli di sabbia, capannoni simili a quelli che si potrebbero trovare in tutta Italia. Dov’è la sicurezza? E se le persone muoiono, poi, le famiglie sono abbandonate a se stesse”. Ricorda Nicola Cavicchi, il giovane operaio morto a 35 anni sotto le macerie delle Ceramiche Sant’Agostino il 20 maggio 2012, la notte del primo terremoto in Emilia, Soricelli, ricorda Matteo Armellini, deceduto mentre montava il palcoscenico per il concerto di Laura Pausini: alle famiglie di entrambi venne riconosciuto un rimborso pari a 1936 euro, come prevede la normativa vigente. “Una normativa ingiusta – precisa – che andrebbe cambiata”.
“L’Italia – conclude il fondatore dell’Osservatorio – è una repubblica democratica fondata sul lavoro, così recita la Costituzione all’articolo 1. Bene, ciò significa che il lavoro non è solo un diritto, ma un dovere, e lo Stato deve tutelare chi lo esercita. Fino ad oggi la politica è stata sorda a questo appello, ma io continuerò a insistere – promette Soricelli – anch’io ho figli e nipoti, lo faccio anche per loro”.