Reduce dall’aver postato un falso (e irridente) discorso napolitanesco di fine anno, la sera del 31 non ho potuto esimermi dal verificare l’originale.
Così, per un doveroso paragone.
Confesso che la performance presidenziale ha profondamente modificato il mio stato d’animo iniziale. A partire da una sorta di umano rispetto (simpatia no, Napolitano è troppo impettito, birignaoso e compreso nella parte per indurre sentimenti di immedesimazione) e quasi compassione nei confronti di quell’uomo anziano, che persiste nel difendere le proprie idee e non demorde davanti ad attacchi impietosi e villani, alcuni dei quali configurano vero e proprio teppismo.
Dicevo, l’ormai prossimo ai novant’anni Giorgio Napolitano (classe 1925) è certamente un uomo segnato dall’età; i cui processi di ricambio nel parco delle idee si sono interrotti da decenni; che come tutti gli anziani vive in un mondo in via di restringimento, tendendo a limitarsi alla frequentazione intellettuale e amicale di una ridotta cerchia di amici, probabilmente sempre la stessa. Una cerchia di coetanei senescenti, sospettosi del cambiamento e indispettiti dall’intromissione di elementi non riconducibili agli schemi di orientamento che li accompagnano da una vita. Una mentalità già di per sé bloccata, sul cui fisiologico conservatorismo da “quarta età” Napolitano innesta ad abundatiam l’idea che ne accompagna l’intera vicenda politica (tenere sotto controllo le spinte centrifughe del Sociale); che nel tempo si è trasformata in ossessione. L’ossessione delle larghe intese, nella cui realizzazione è stato assecondato dal beneficiario diretto di tale formula politica: quell’Enrico Letta che era ottuagenario già quando succhiava il latte materno.
Ciò detto (e prese le necessarie distanze da un’idea della politica che coincide con la paralisi, al limite la mummificazione) come commentare gli attacchi assolutamente spropositati nei confronti di questo signore testardo nelle idee e manierato nello stile?
Certo la richiesta di impeachment risulta ampiamente sovradimensionata e strumentale: la messa sotto accusa di un presidente per via della sua concezione anestetica della politica? Suvvia! E che a richiedere un tale provvedimento, irresponsabilmente devastante, sia Silvio Berlusconi, incattivito perché per una volta non è stato assecondato nei suoi capricci (l’impunità come diritto divino), induce a classificare la richiesta quale vera canagliata. A meno non si riesca a dimostrare che al momento della formazione del governo di larghe intese il Presidente della Repubblica avesse fatto promesse mirabolanti al Cavaliere (tipo cancellazione di condanne penali), poi non mantenute: il che configurerebbe canagliate uguali e contrarie di cui, allo stato attuale dei fatti, non si ha la benché minima prova.
Che insulti l’ultra ottuagenario del Quirinale il bullo sbulinato Matteo Salvini, quello dell’apartheid sulle carrozze del metro milanese, suscita sdegno ma non sorpresa: cosa non si farebbe per un quarto d’ora di visibilità; soprattutto essendo a capo di un partito in stato di avanzata putrefazione, in quanto confermatosi niente più di un carretto carico di picari da osteria (con l’accompagnamento pure di qualche ladrone).
Ma anche il tuonare di Beppe Grillo contro Napolitano non fa un gran belvedere. La richiesta di messa sott’accusa del Primo Cittadino, collegata al disegno di andare alle elezioni con il vecchio Mattarellum, sa soltanto di furbata per incassare un tesoretto di voti di protesta in una logica da avvelenatori di pozzi.
Insomma, contemplando il 31 sera gli sforzi (tutto sommato commoventi) del quasi novantenne per difendere idee antiche di cui è fermamente convinto, paragonati a quelli di aggressori motivati soltanto da interessi che nel migliore dei casi sono di bottega, nel peggiore da piromani, si aveva l’immagine plastica di un Paese spinto nel burrone proprio dagli stessi presunti driver.
So che questa opinione irriterà i più; quelli che tutte le volte scrivono rinfacciandomi la deliberata non propositività, il cronico rifiuto di schierarmi. Ma qui non vale proporre e fare il tifo, quando il problema è proprio “il manico”: con questi personaggi – nessuno escluso – ha ben poco senso giocare ai piccoli suggeritori. Visto che la loro miserabilità vanificherebbe comunque ogni contributo.