Silvio Berlusconi, tramite i suo idifensori, ha depositato a Milano il ricorso in appello contro la sentenza con cui è stato condannato dal Tribunale a 7 anni di carcere per il caso Ruby. Nel ricorso si chiede l’assoluzione dalle accuse di concussione e prostituzione minorile con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Secondo i giudici di primo grado il Cavaliere era perfettamente consapevole che la ragazzina marocchina, spacciata per nipote dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, era minorenne e comunque aveva fatto sesso con lei. Per il collegio il leader di Forza Italia era il regista del bunga bunga e intervenne pesantemente sulla Questura perché Karima fosse rilasciata la notte del 27-28 maggio 2010. Ecco perché il 24 giugno scorso i magistrati di Milano lo avevano condannato a 7 anni di reclusione per concussione e prostituzione minorile. Q
Per i giudici ci fu “la sproporzione tra l’intensità e la costrizione proveniente” dall’allora presidente del Consiglio “rispetto allo scopo avuto di mira, nel caso di specie il rilascio di una prostituta di 17 anni”. I legali di Berlusconi Niccolò Ghedini e Piero Longo avevano definito la sentenza “surreale” profetizzando che “non potrà essere confermata”. Il Tribunale aveva deciso anche la trasmissione degli atti alla Procura perché valutassero l’ipotesi di falsa testimonianza per le dichiarazioni di una lunga serie di testimoni.
Tra i punti cardine dell’atto di impugnazione ci sono le dichiarazioni con cui la giovane marocchina ha sempre negato di aver fatto sesso (ma solo nel processo bis, ndr), men che meno a pagamento, con l’allora 74enne presidente del Consiglio. Dichiarazioni che hanno portato la difesa a sostenere che manca il presupposto per la sussistenza di entrambi i reati. E poi, è la sintesi di un altro passaggio del ricorso, si ribadisce che non c’è la prova diretta che il Cavaliere abbia compiuto atti sessuali a pagamento con l’allora minorenne Karima El Marough. Certo di soldi – siamo, a loro dire, nell’ordine di qualche migliaia di euro – l’ex premier ne aveva versati alla ragazza, ma era solo per aiutarla, un gesto di “liberalità”. In più, come è sempre stato ripetuto, l’ex capo del Governo non sapeva che la bella Rubacuori ai tempi delle serate ad Arcore, per lui e i suoi difensori riunioni conviviali e non feste a “connotazione sessuale”, avesse appena 17 anni: la giovane più volte aveva apertamente affermato di avere 24 anni.
Quanto al reato di concussione per costrizione, come è stato qualificato dal Tribunale, i due avvocati hanno sottolineato che non sussiste: secondo la loro ricostruzione, la sera tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando Berlusconi chiamò il capo di Gabinetto della Questura milanese Pietro Ostuni, non ci fu alcuna pressione ma solo una richiesta di informazioni per sapere se era stata portata una ragazza egiziana, che lui credeva davvero nipote di Mubarak.
Dunque i due legali, con il ricorso presentato oggi, puntano a ribaltare il duro verdetto emesso lo scorso giugno e motivato con 326 pagine nelle quali il collegio ha ritenuto Berlusconi colpevole in quanto durante il processo è stato provato che in cambio di denaro e gioielli fece sesso con Ruby, la ragazza che sapeva essere minorenne e che era stabilmente inserita “nel collaudato sistema prostitutivo ad Arcore” dove, sotto la sua regia, andava in scena il bunga bunga, esibizione hot delle ospiti organizzata per “soddisfare” i suoi “desideri”. In più, come hanno scritto i giudici, l’ex capo del Governo, per evitare che tutto ciò venisse a galla, “abusò” del potere di premier per fare pressioni sui funzionari della Questura di Milano e ottenere il “rilascio” della marocchina fermata per un furto.
Ora i due legali, con il ricorsopuntato a ribaltare la sentenza, confidano in un cambio di rotta della Corte d’Appello. Non si sa però se saranno loro a rappresentare la difesa in dibattimento. Potrebbero lasciare il mandato e cederlo al collega Federico Cecconi, per motivi di opportunità in quanto nelle motivazioni del processo gemello, il cosiddetto ‘Ruby bis’, nei loro confronti, così come nei confronti dell’avvocato Luca Giuliante e di altre persone, è stato ipotizzato il reato di corruzione in atti giudiziari: l’ordine degli avvocati di Milano ha aperto un fascicolo – chiamato il fascicolo ‘blu’ – per un eventuale procedimento disciplinare non ancora istruito e congelato in attesa dell’inchiesta penale.
Inchiesta che, come avevano spiegato i vertici della Procura, doveva già essere aperta entro Natale. Invece, per un problema di carenza di personale nella cancelleria della quinta sezione penale, non è stato possibile fotocopiare tutti gli atti necessari affinché i pm procedano, così come prevede il codice, all’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex premier, dei suoi difensori, di Giuliante, di Ruby e di molti testi chiamati in aula e che si sospetta siano stati ‘addomesticati’.