Dodici mesi fa erano poco di più di un comico che girava l’Italia con un camper e riempiva le piazze, ora sono l’opposizione vociante di un Parlamento in balia delle ex larghe intese. Il segretario Pd Matteo Renzi li vorrebbe come alleati per le riforme, loro tirano dritto cercando di non affogare. Il 2013 del Movimento 5 Stelle è uno tsunami che ha rivoluzionato la vita di 163 cittadini, trasformati prima in “marziani” e poi in parlamentari. Da attivisti dei MeetUp di tutta Italia a politici in giacca e tailleur che lottano con l’etichetta di onorevole. “La rivoluzione l’abbiamo già fatta”, ha detto il leader Beppe Grillo nel discorso di fine anno. Ma la stanchezza la sente tutta, l’ex comico che in streaming parla a “computer unificati” e che modera i toni perché “il gioco è appena cominciato”. Le parolacce e le urla da un palco hanno lasciato il posto alle proposte di legge e le interrogazioni. I 5 Stelle hanno promesso che avrebbero aperto il Parlamento come una scatoletta, ma scardinare la serratura non è stato facile. C’è voluto tempo, sei mesi circa, per fare i conti con i problemi (gli espulsi, i dissidenti, i più a sinistra che cercano il dialogo con il Pd) e per imparare le strategie. I 5 Stelle hanno chiuso l’anno con alcune vittorie importanti che fanno da contraltare all‘impaccio dei primi mesi: la restituzione di rimborsi elettorali e diarie non rendicontatate (42 più 4 milioni di euro circa), lo stop al decreto Salva Roma (con il blocco all’emendamento salva slot machines) e l’approvazione della norma sulla rescissione degli affitti d’oro. “Siamo la vera opposizione che l’Italia non aveva più da vent’anni”, dicono gli eletti a 5 Stelle.
87% di presenze in Aula, quasi 200 proposte di legge, circa 2000 interrogazioni e più di 8mila emendamenti. Sono saliti sul tetto per protestare contro la modifica dell’articolo 138 e hanno riempito i giornali con il loro bacio saffico contro la discussa legge sull’omofobia. Può bastare per salvare un anno di lavoro? Forse. La vera sfida sarà il 2014, le elezioni europee a maggio e un Matteo Renzi che cerca di superarli sui temi più delicati. Serve uno scatto per non farsi raggiungere alle spalle in quella corsa alle prossime politiche che assomiglia già ad una maratona.
Lo Tsunami delle elezioni politiche 2013
Ha attraversato lo stretto di Messina a nuoto e girato l’Italia delle piazze. Il 2013 di Beppe Grillo comincia con imprese mediatiche degne di un palcoscenico. Gli credono in pochi. Le piazze si riempiono nel febbraio da campagna elettorale. Fa freddo e i suoi colleghi di Pd e Pdl scelgono i palazzetti dello sport o gli studi televisivi. A riempire le piazze riescono solo i “grillini”. Che il colpo è riuscito, lo si scoprirà nel volto di Pier Luigi Bersani la mattina di febbraio, mentre insieme alla moglie va al voto a Piacenza. Della festa neppure l’ombra. Il Partito democratico perde la sua occasione e il Movimento 5 Stelle riporta la sua prima grande vittoria. 25 per cento dei voti e 163 eletti in Parlamento. La metà di loro non erano pronti: il primo giorno serve per comprare un completo elegante, il secondo per chiamare i parenti e spiegare che qualcosa cambierà. Si preoccupano gli altri, ma anche Grillo e i suoi: troppi voti e troppe responsabilità.
Le prime sconfitte
Grillo e i 163 eletti perdono quasi subito. Le telecamere puntate all’Hotel Saint John a Roma sono il primo banco di prova. Un raduno per organizzarsi dopo le elezioni: alcuni si conoscono, altri per un po’ faticheranno a ricordarsi le facce dei colleghi. I giornalisti fanno le domande e le risposte spontanee spesso sono quelle sbagliate. Il 27 marzo c’è l’incontro in streaming con Bersani e Letta: il gruppo M5S dice no a tutto. E’ l’inizio delle grandi intese Pd e Pdl. “Perché non avete fatto un nome alternativo?”, la recriminazione più diffusa. Bersani non ha proposto di governare e loro non si sono messi in gioco. Il potere contrattuale del gruppo che non vuole essere partito sembra debole fin dall’inizio. La prima discussione a finire sui giornali è quella sugli scontrini: la restituzione della diaria non rendicontata invece di essere il cavallo di battaglia, diventa il tallone di Achille. Non tutti sono d’accordo, ma vincerà la linea ufficiale e solo a metà luglio ci sarà il primo Restitution Day: 1,5 milioni di euro restituiti allo Stato. Con il brivido fino all’ultimo di chi ci sta e chi no. La seconda nota dolente è quella delle espulsioni: regolamenti di conti in pubblica piazza che non hanno fatto bene al Movimento. Marino Mastrangeli è il primo espulso. Se ne vanno poi i deputati Furnari e Labriola. Ma a fare rumore è la cacciata di Adele Gambaro, la parlamentare che in diretta tv ha criticato i toni di Grillo e ammesso la sconfitta alle amministrative di giugno. Una procedura che crea malumori. La seguono per polemica la senatrice De Pin e il deputato Zaccagnini. Il Movimento 5 Stelle arriva alla pausa estiva con sei mesi di bombardamenti mediatici su scontrini e gaffe. Voci critiche all’interno, email rese pubbliche e una strategia di comunicazione ancora zoppicante.
L’impeachment a Napolitano e il populismo
Il ventunesimo punto non scritto del programma di Grillo è l’impeachment: “Il Presidente della Repubblica non è super partes e deve andarsene”. La lotta culmina con il contro discorso di fine anno trasmesso sul blog in contemporanea a quello di Napolitano. “Faccia un passo indietro“, ha detto il leader con sullo sfondo la sagoma di Garibaldi. “Per il bene dell’Italia”. Nel 2013 Grillo ha dovuto vestire il completo della domenica e incontrare il Capo dello Stato per un confronto a tu per tu con il politico più criticato. Lo ha chiamato Morfeo, perché “schiaccia i pisolini” quando dovrebbe invece intervenire, ma dopo l’incontro al Quirinale non ha nascosto buone impressioni: “Mi è piaciuto”, ha detto ai suoi, “dobbiamo trovargli un nuovo nomignolo”. Ma delle sue battaglie, Grillo condivide poco o nulla. Così sul blog periodicamente continua a chiedere la sua partenza. Anche se poi, in riunione segreta con gli eletti, dà un’altra versione: “E’ chiaro che non possiamo dire che ha violato la Costituzione”, ha detto nella conversazione che ilfattoqutidiano.it ha potuto sentire a fine ottobre, “dobbiamo far capire alle persone da che parte stiamo. Siamo populisti e non ce ne vergogniamo”. Discorsi forti che piacciono tanto a Forza Italia e Berlusconi.
Casaleggio, Grillo e il “cerchio magico”
Eterodiretti o ben consigliati? A Roma, i fondatori del Movimento 5 Stelle si sono visti poche volte. C’è stata la presentazione degli eletti e il weekend in agriturismo a pochi giorni dall’entrata in Parlamento. Poi nulla per settimane e mesi. Unica eccezione sono un gruppo di fedelissimi che segue periodicamente un corso di comunicazione alla Casaleggio Associati a Milano e vede i due leader. C’è stato poi il blitz di Grillo davanti alla Rai i primi di ottobre. La distanza sembrava destinata ad aumentare fino allo scontro sul tema immigrazione: due senatori propongono l’abolizione del reato di immigrazione clandestina e vengono sconfessati dal blog. “E’ una posizione personale”, scrivono i leader, “non era nel programma”. Parole che non piacciono al gruppo. Così Grillo si è presentato a Montecitorio per chiarire la situazione. E prima di Natale anche Casaleggio ha fatto una veloce apparizione. “Non sono candidati, ma noi ci siamo messi in gioco, devono farlo anche loro”, dicono le voci più critiche. Li vorrebbero a Roma, li vorrebbero più presenti e meno nell’ombra a dirigere da lontano. Il 1° dicembre per il Terzo V Day erano entrambi sul palco a salutare gli elettori. “Siamo cambiati, ora siamo più consapevoli”, ha detto Gianroberto Casaleggio a ilfattoquotidiano.it. Si riferiva ai parlamentari, ma anche a se stesso e a Grillo.
Democrazia diretta ancora in prova
E’ partita a singhiozzo la conquista della democrazia diretta. Il sistema operativo per la partecipazione dal basso è stato lanciato a fine ottobre: lì si possono caricare le leggi e farle commentare. “E’ un primo passo, è già qualcosa”, ha commentato il senatore, spesso tra i più critici, Orellana. Un tira e molla infinito quello per la democrazia liquida, tema scomodo da non affrontare per Beppe Grillo e i suoi. Il sogno a 5 Stelle era quello di una piattaforma per la proposta in tempo reale di leggi e di provvedimenti per fare sì che i parlamentari fossero degli autentici “portavoce della base”. E mentre la Casaleggio Associati ha ritardato per mesi la messa online del sistema, nel Lazio è nato il “Parlamento elettronico“, progetto realizzato da un gruppo di programmatori e subito scomunicato dai vertici. Malcontenti restano gli attivisti della base, quelli che nell’entrata nelle istituzioni avevano visto la possibilità di intervenire nella politica parlamentare e che ora si sentono messi in un angolo e poco coinvolti.
Le vittorie di una nuova opposizione
Il primo segno di maturità lo dà la rete, nel pieno del caos da entrata in Parlamento. Ad aprile gli iscritti scelgono come candidato Presidente della Repubblica Stefano Rodotà. E’ il nome che spezza la sinistra: il Pd non ha il coraggio di sostenerlo e i 5 Stelle segnano un punto. Poi passano i mesi e imparano che non ci sono solo gli scontrini di cui discutere. La media di presenze del gruppo in Parlamento si attesta intorno all’87%. Oltre 200 le leggi depositate, circa 2000 le interrogazioni. Tra i ddl a firma 5 Stelle: lotta all’omofobia, tutela del paesaggio e piccola media impresa. La firmano i grillini la legge per la prevenzione della ludopatia e soprattutto la proposta per il reddito di cittadinanza: giudicato irreale dal Pd è ora inserito tra gli ordini del giorno del governo. Il cambio di passo comincia con il Restitution Day e la rivelazione delle spese di Camera e Senato: gli eletti presentano in diretta streaming il dossier sugli sprechi della casta. Al ritorno dalle vacanze estive, sul tavolo c’è la decadenza di Berlusconi e il gruppo propone che la votazione avvenga in modo palese. Sarà poi la giunta a stabilirlo ufficialmente, ma l’idea parte dai banchi a 5 Stelle. L’addio del Cavaliere è un momento storico: il nemico di sempre lascia Palazzo Madama. Ma l’inverno porta altre vittorie. E’ il gruppo al Senato a denunciare la presenza di un emendamento pro slot machines nel decreto Salva Roma: lo Stato minaccia di ridurre i fondi a Comuni e Regioni che combattono il gioco d’azzardo. “E’ una porcata”, dirà il segretario Renzi. Ma il testo è passato anche con i voti Pd. I partiti sono costretti a ritirare la norma. Storia simile per gli affitti d’oro: oltre 444 milioni di euro spesi in 18 anni per gli uffici di Montecitorio. Passa, dopo infiniti tira e molla, l’emendamento a 5 Stelle che permette la rescissione dei contratti. Tra i successi, anche la salvezza dell’art.138 contro la modifica della Costituzione: cavallo di battaglia delle larghe intese, salta con l’uscita di Forza Italia dal governo. Ma la discussione è stata ritardata dalla protesta dei deputati grillini che per un giorno sono saliti sul tetto di Montecitorio. Chiudono così tra le vittorie il 2013: vincono perché il Pd è costretto ad inseguire e Renzi si trova a dover combattere sul terreno di Grillo. Forse basta per salvare il 2013, ma per affrontare l’anno che comincia, tra elezioni europee e maratona verso le politiche, servirà qualcosa in più.