Se siete anche voi pendolari delle ferrovie, non leggete questo post, non vi dirà nulla che non sapete già. Propongo a tutti questo esperimento.
Se potete o dovete uscire dal nostro paese – l’ultimo del Nordafrica a non essersi ancora rivoltato – provate, per una volta, l’ebbrezza di un qualsiasi treno europeo. Per chi, come noi, non ha le varie facilitazioni locali, saranno sempre più cari dei nostri: ma sono anche nuovi, puliti e incredibilmente puntuali. Poi, però, preparatevi psicologicamente al ritorno: perché Trenitalia vi aspetta sogghignando.
Giovedì 2 gennaio 2014, diciannove di sera, stazione di Verona, grande città del Nordest. È tutto chiuso e transennato, tranne un McDonald: stanno lavorando per noi, assicurano, trasformeranno una bella stazione nel solito orrendo maxishop. In compenso, nessuno pensa a riparare le pensiline, sotto le quali piove a dirotto. Tutti i treni sono in ritardo. Il Frecciabianca 9746 ha soli venti minuti, ma rischiamo lo stesso di perdere la coincidenza di quindici minuti, a Milano, con l’Intercity per Genova. Chiediamo al capotreno del Frecciabianca, nella sua elegante divisa nera, a che ora c’è il treno successivo per Genova; ci risponde scocciato che non ci sono treni successivi: dalle 21 alle sei del mattino di due giorni feriali non c’è un treno per Genova. Allora gli chiediamo di avvertire almeno l’Intercity perché aspetti cinque minuti, basterebbero; ci risponde che vedrà. Di fatto, mentre il Frecciabianca entra in stazione, l’altoparlante avverte di affrettarsi per la coincidenza; così, carichi di bagagli, corriamo in una quindicina sino al binario 21.
L’ultimo treno per Genova, però, è appena partito: l’unico in orario Ci precipitiamo all’Assistenza clienti, dove stanno smontando dopo una giornata di lavoro e, tranne uno, sono mediamente gentili. Un’avvocatessa fa una scenata ed esce sbattendo la porta; un ragazzino con la cresta minaccia di spaccare tutto, ma non ha né biglietti né documenti e se ne va urlando. Noi che biglietti e documenti li abbiamo ma non vogliamo passare la notte in stazione, aspettiamo ancora un’ora, ascoltando giustificazioni assurde, sinché la responsabile c’imbarca sul locale per Voghera. Altra ora di viaggio, poi da lì due taxi ci portano a Genova, a spese di Trenitalia, cioè di tutti noi contribuenti e viaggiatori nordafricani, ops, volevo dire italiani.