L'allargamento a est dello spazio Schengen permetterà ai lavoratori di Sofia e Bucarest di raggiungere i Paesi dell'Eurozona. Per gli esperti "porteranno benefici, e non problemi", ma i tedeschi non si fidano
“La Germania non deve avere paura di un’invasione di lavoratori rumeni e bulgari dal 2014. Porteranno benefici, e non problemi”. E’ questa la previsione dell’economista Klaus F. Zimmermann dell’istituto di ricerca Iza di Bonn durante la recente presentazione di una relazione sugli effetti dell’allargamento ad est dello spazio Shengen. Dal 1 gennaio 2014 bulgari e rumeni possono infatti circolare liberamente in Germania, Austria, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Malta e Olanda. Se alcuni di loro volessero trasferirsi in Germania, non ci sarà più bisogno di avere già un contratto di lavoro prima della partenza, ma potranno cercarlo direttamente sul posto. In Italia lo stesso tipo di restrizioni erano decadute già nel 2012. Bulgaria e Romania sono entrate nell’Unione Europea già sette anni fa, ma come ogni nuovo membro l’annessione alla comunità europea non coincide temporalmente anche con la possibilità di far circolare liberamente i propri cittadini, condizione che deve essere trattata singolarmente stato per stato. Da qui le differenze, ad esempio, tra Italia e Germania nei rapporti con Romania e Bulgaria.
Secondo lo studio presentato da Zinnermann molti dei prossimi immigrati dei due Paesi saranno infatti altamente qualificati, in particolare medici e ingegneri, figure professionali di cui la Germania ha bisogno. Sulla stessa lunghezza d’onda si inserisce la relazione presentata sempre in questi giorni dall’Instituts für Arbeitsmarkt und Berufsforschung (IAB) che parla anche in questo caso di opportunità e non di spauracchio per la società tedesca. Secondo le stime il numero di immigrati rumeni e bulgari il prossimo anno raggiungerà una cifra compresa tra le 100 e le 180mila persone. Se è vero che, prendendo in considerazione i cittadini dei due Paesi già immigrati in Germania, il numero di chi tra di loro usufruisce dei sussidi di povertà e disoccupazione è maggiore della media nazionale (10% contro il 7,5% di tutti i tedeschi), la loro percentuale è comunque minore di quella di tutti gli altri stranieri (ben 15%). I maggiori problemi si avvertiranno soprattutto in alcune città dal tessuto sociale e lavorativo più difficile come Duisburg, Dortmund e Berlino dove, guardando la situazione attuale, il numero di bulgari e rumeni che chiede già aiuti statali va dal 60% al 75%.
Ad ottobre l’allora ministro degli Interni Hans Peter Friedrich, ora ministro dell’Agricoltura (sempre in quota Csu, la Cdu bavarese) aveva espresso il proposito di ritardare la completa annessione di Bulgaria e Romania nello spazio Schengen. “Studio, lavoro e pagamento delle tasse, ma non aiuti sociali. Dobbiamo creare la possibilità di espellere chi si approfitta della libera circolazione per vivere sulle spalle dello Stato ospitante e negargli il rientro se ne é già stato espulso una volta”. Intervistato dal der Spiegel online, il commissario europeo per l’occupazione László Andor dichiarò invece che i rischi per la Germania sono quasi inesistenti. “Vedo vantaggi per entambe le parti” e così l’appello di Friedrich non ebbe seguito. Una situazione analoga a quella vissuta dai bulgari e rumeni in questi sette anni è ora quella vissuta da croati e ciprioti, entrambi membri UE, ma ancora non liberi di circolare all’interno dell’Unione Europea. Per la Croazia l’entrata nello spazio Schengena verrà probabilmente nel 2015, per la finanziariamente disastrata Cipro, e non è un caso, ancora non si sa.