I 5 Stelle non trovano l'accordo e lo staff di Casaleggio e dell'ex comico sembrano intenzionati a non permettere l'utilizzo del logo. Lo conferma anche Mario Puddu, primo cittadino del Movimento di Assemini. Delusione e rabbia tra gli attivisti. Alcuni di loro proclamano lo sciopero della fame
Domani è un altro giorno, ma anche l’ultimo. Lunedì 6 gennaio scade il tempo a disposizione per depositare il simbolo. E ancora non c’è l’accordo, o meglio, il via libera ufficiale da parte dello staff nazionale di Grillo e Casaleggio. E così il Movimento 5 Stelle, di ora in ora diventa più certo, non parteciperà alle elezioni regionali in Sardegna. Il voto è infatti previsto per il 16 febbraio, e ancora non esiste un candidato per la presidenza della Regione. Il motivo alla base di questa impasse apparentemente senza via d’uscita sono le divisioni fratricide in due gruppi che si sono rinforzate di riunione in riunione. Fino a oggi. Beghe locali, dunque, che dovrebbero essere risolte con il beneplacito di Roma.
La diplomazia dell’ultim’ora – Nessun comunicato, e forse nemmeno arriverà. Una sorta di silenzio-dissenso. Solo un fitto giro di telefonate tra attivisti ed esponenti del M5S. In queste ore è al lavoro la diplomazia dei parlamentari a 5 Stelle per trovare una mediazione dell’ultim’ora. Lavoro difficile – e pare – infruttuoso. In Sardegna vanno avanti, nel frattempo, gli incontri serrati fino all’ultimo tentativo dell’assemblea plenaria prevista per domenica 5 gennaio in un paese dell’Oristanese: un momento di partecipazione attiva e “rinascita”. E pensare che il Movimento alle ultime elezioni politiche era diventato, d’un solo balzo, la prima forza politica dell’isola, raggiungendo il 30 per cento dei voti (addirittura 37% nel Sulcis, roccaforte del centrosinistra). Un esordio di belle speranze con l’obiettivo regionale, quasi incubo bipartisan, che si è infranto sulla litigiosità.
“Ho chiesto l’intervento di Beppe Grillo via sms e lui mi ha chiamato”, racconta a ilfattoQuotidiano.it Mario Puddu, primo cittadino 5 stelle di Assemini (unico paese conquistato in Sardegna). “Mi è sembrato davvero risoluto, non concederà il simbolo. Era dispiaciuto e arrabbiato perché in tutti questi mesi non si è trovata una soluzione. Eppure, gli ho ricordato, ci sono alcuni parlamentari più vicini a questa o a quella corrente, disponibili a trovare una sintesi. Ma ormai è tardi per lui, ha detto che ne uscirebbe un minestrone”. Lo stesso sindaco si dice “addolorato”, ma non biasima il leader. “Peccato. La Sardegna avrebbe bisogno di una scossa e invece l’urna sarà orfana del Movimento, questo ci deve far riflettere. Eppure a livello locale stiamo lavorando bene, forse amministrare nel piccolo è più facile. In questi cinque-sei mesi le fazioni non hanno dato un bello spettacolo in vista delle regionali”. Un pantano, insomma. Continua Puddu: “Lo staff aspettava che la questione si autorisolvesse. In Sardegna si aspettava una parola dall’alto”. Negli ambienti vicini ai parlamentari arrivano ulteriori conferme: gli spazi di manovra sarebbero inesistenti.
Le reazioni degli attivisti – Sulla pagina Facebook “Amici di Beppe Grillo in Sardegna” le reazioni sono numerose e contrastanti: delusione, rabbia, speranza. C’è chi punta il dito contro l’ex comico e l’assenza di democrazia, chi si colpevolizza (“Ce lo meritiamo”) e chi propone fughe in avanti con liste alternative, di richiamo autonomista. Oppure rilanciano chiedendo il ritiro delle truppe: deputati e senatori sardi. Ed è caccia a chi rilascia dichiarazioni ai giornalisti.
Lo sciopero della fame – Da un giorno, poi, alcuni attivisti sono in sciopero della fame per convincere Grillo. Si definiscono “un gruppo di cittadini sardi, partecipi della Rivoluzione Democratica Nonviolenta avviata dal MoVimento” che “vuole a tutti i costi che la Rivoluzione faccia il suo corso pure in Sardegna”. I sei, supportati anche dalle onorevoli Emanuela Corda e Manuela Serra chiedono a Grillo “di consentire l’uso del simbolo per le imminenti elezioni Regionali” e “di consentire libere elezioni, tra gli iscritti certificati, per selezionare democraticamente i candidati da inserire nella lista”. Ma forse anche questo sacrificio sarà vano. L’ultima parola a meno di 24 ore dalla scadenza. Oppure, ancora una volta, il silenzio.