Prima Rivara Gas Storage, poi Exploenergy s.r.l e infine Aleanna Resources. Si allunga ancora la lista delle società, italiane e straniere, intenzionate alla ricerca di idrocarburi in Emilia Romagna. In mezzo alle domande di autorizzazione impilate sul tavolo del Ministero dell’Ambiente, infatti, c’è anche quella presentata dalla società americana Aleanna Resources, che vorrebbe cercare il metano nel sottosuolo ferrarese, sul confine che delimita l’area del cratere terremotato. L’iter è già iniziato, e gli abitanti sono sul piede di guerra. “Non aspetteremo che le istituzioni si decidano a intervenire – promette il comitato No Triv di Ferrara – Siamo pronti a bloccare le strade e i cantieri, ricorreremo a ogni mezzo affinché il progetto Tombellina 1, che vorrebbe scavare il sottosuolo tra Ferrara, Copparo, Formignana, Voghiera e Masi Torello alla ricerca di combustibile fossile, non si faccia”.
Il caso relativo al Ponte del Diavolo, il sito dove Aleanna Resources vorrebbe trivellare per individuare il gas metano, inizia nel 2011, quando parte la fase 1 del progetto Tombellina 1: “Per tre mesi la Geotec S.p.a, per conto della società statunitense, occupò un’area di circa 140 chilometri quadrati con geofoni e vibroiser, allo scopo di individuare gli idrocarburi – racconta Irene Gigante del comitato No Triv Fe – nessuno informò i cittadini di nulla, e quando chiedemmo spiegazioni alle amministrazioni pubbliche si limitarono a rassicurarci, a dirci che non c’era pericolo, che si trattava solo di interventi di ricerca e che a quelli non ci si poteva opporre”. Nonchè a ribadire la contrarietà delle istituzioni alle trivellazioni.
“Chiedemmo incontri e tavoli tecnici per conoscere la situazione – prosegue Gigante – che però non vennero mai convocati, e per un po’ il discorso fu accantonato. Credevamo che la questione fosse chiusa, visto che la Regione, nel frattempo, si era pronunciata contro ogni tipo di trivellazione, invece pochi giorni fa io che abito a 100 metri dal sito ho visto un discreto via vai di mezzi, e mi sono reso conto che qualcosa stava accadendo”. Cosa, di preciso, i No Triv lo scoprirono sul web. “Sul Bur del 20 novembre scorso, (il Bollettino ufficiale della Regione Emilia Romagna, ndr), era stato pubblicato un mega progetto di trivellazione del pozzo esplorativo Tombellina 1 nel ferrarese – spiegano i No Triv di Ferrara – si tratta della trivellazione preparatoria alla successiva coltivazione con estrazione degli idrocarburi, il cosiddetto ‘step 2’, che la popolazione temeva a seguito della ricerca in superficie nell’estate 2011”.
Quella fase 2 è ora alle porte, spiegano i cittadini ferraresi, “e non è più tempo di indugiare: o le istituzioni prenderanno atto che a Ferrara le trivellazioni non si devono fare, schierandosi con i cittadini – sottolineano – o che si preparino a fare le valigie. Assieme ad Aleanna Resources”.
I timori che scuotono la bassa ferrarese, del resto, sono gli stessi che hanno indotto i vicini modenesi a scendere in piazza in più di un’occasione contro Independent Resources, il gruppo inglese che vorrebbe realizzare un maxi deposito di gas nel cratere terremotato dell’Emilia, tra i Comuni di San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Medolla, Mirandola e Camposanto, nonché contro i milanesi di Exploenergy srl, firmatari di un progetto presentato al ministero per individuare, nel sottosuolo compreso tra i comuni di Finale Emilia, Medolla, Mirandola, Camposanto, Ravarino, Bomporto e San Felice sul Panaro, sempre in pieno ‘cratere’, insomma, lo ‘shale gas’. E sono legati, appunto, al terremoto.
“Secondo un rapporto firmato dal Consorzio di bonifica questo territorio ha un’elevata subsidenza – spiega Gigante – e se da un lato siamo terrorizzati che le trivellazioni abbiano un forte impatto economico sulla popolazione, dall’altro abbiamo paura di una nuova scossa, visto che viviamo su una faglia attiva: non è provato che il terremoto sia legato alle estrazioni di idrocarburi, ma quanto più gravi sarebbero le conseguenze se ci fosse una scossa laddove si trivella?”.
Quello che i comitati no Triv rivolgono alle istituzioni, Regione e Stato, è un ultimatum: “o con noi, o contro di noi”. “Deliberano per bloccare le trivellazioni in attesa del parere della commissione Ichese, che però è composta da persone che lavoravano a libro paga dei petrolieri, e intanto a maggio, nel copparese, un’altra società di esplorazione ed estrazione idrocarburi, l’australiana NorthSun ha realizzato, senza troppi ostacoli, il pozzo esplorativo Gradizza 1 con il parere positivo della Provincia (delibera del 24/05/2011)”, precisano.
In più, al Movimento 5 Stelle, firmatario di un’interrogazione presentata al Ministero dello Sviluppo economico il 4 novembre scorso, sul caso shale gas, il governo aveva risposto rimandando a sua volta ogni decisione al parere della Ichese, “tuttavia – attaccano i No Triv – solo qualche mese prima, il 12 giugno, lo stesso Stato aveva versato 5 milioni alla Regione Emilia Romagna, da destinare alla società di ricerca idrocarburi come contributo per la fase di studio e analisi (delibera di presa d’atto di 24 giugno)”. “Ciò significa – sottolinea Gigante – che oltre al danno ambientale, economico e sociale sul territorio, i cittadini pagano contributi alle stesse società di estrazione per la trivellazione esplorativa. Siamo basiti. E a questo punto pretendiamo una risposta. Da che parte stanno le istituzioni?”