Beppe Grillo ha presentato venerdì sul suo blog una bozza di programma in vista delle prossime elezioni europee. Si tratta per ora di un manifesto articolato in sette telegrafici punti. In attesa di un documento più dettagliato, e con la cautela suggerita dalla probabile provvisorietà del programma, è importante discutere, più pacatamente possibile, alcune questioni sull’approccio di politica economica del Movimento 5 Stelle.
Nel metodo, non si può non rilevare due problemi fondamentali. Anzitutto, non è noto chi abbia elaborato i sette punti. Allo stato attuale l’informazione più autorevole in proposito proviene da Francesco D’Uva, portavoce del M5S presso la Camera dei Deputati eletto in Sicilia 2, che ha affermato testualmente che le proposte “Non sono state votate, sono una libera estrapolazione del pensiero degli attivisti del M5S”. Chi nel partito abbia il compito, e soprattutto la capacità, di leggere e interpretare il pensiero della “base” rimane per ora un mistero.
In secondo luogo il manifesto, come ogni decisione importante che riguardi il movimento, è stato annunciato sul sito personale del leader. A quasi un anno di distanza dalle elezioni che lo hanno consacrato come seconda forza politica del paese, il M5S ancora non ha un suo sito indipendente da quello di Grillo. La questione non è meramente formale come potrebbe sembrare, perché denuncia una volta di più il persistente personalismo che ammanta il partito di Grillo.
Nel merito, il primo problema che salta all’occhio è la scarsa coerenza interna del documento, nel senso che alcune parti ne contraddicono altre. I punti 1 (referendum per la permanenza nell’euro), 2 (abolizione del Fiscal Compact), 7 (abolizione del pareggio di bilancio) esprimono una posizione fortemente antagonista rispetto all’unione monetaria, che viene completamente ribaltata dal punto 3 sull’adozione degli eurobond, che presuppongono un livello di integrazione monetaria, fiscale e anche politica perfino superiore a quello corrente. Va da sé che gli eurobond sono possibili solo in presenza di regole saldamente condivise che disciplinino con credibilità le finanze pubbliche degli stati membri. Le stesse regole che il documento propone di abolire (non di riformare).
Per inciso, per trasparenza nei confronti dei lettori devo ribadire che, come più volte ho scritto su ilfattoquotidiano.it, sono contrario all’uscita dall’euro e ritengo che un referendum in merito sarebbe una sciocchezza (per ragioni che sarebbe troppo lungo elencare qui), ma sono fortemente critico degli accordi fiscali europei e del tutto contrario all’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Inoltre, pur tenendo un atteggiamento costruttivamente critico, credo che la diffidenza verso la piega che ha preso il processo di integrazione europea affondi le sue radici in ragioni sostanziali, legate all’economia reale, cui gli economisti hanno spesso dimenticato di dare la giusta importanza nel dibattito pubblico.
Tornando al documento, può darsi che la sua contraddittorietà sia voluta, nel senso che l’estensore potrebbe aver concepito gli eurobond come ipotetico piano B in caso di preservazione del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio. Ma serve maggiore chiarezza, anche per evitare il dubbio che il manifesto sia stato redatto in modo frettoloso e inconsapevole.
Ancora più in contrasto con la creazione degli eurobond è la proposta di formare una “Alleanza mediterranea” (punto 4), in chiara contrapposizione con l’Europa continentale. Questa è la parte più duramente e distruttivamente antieuropea del programma di Grillo, perché mira a sradicare le ragioni più nobili e profonde che hanno innescato il processo di integrazione europea e ci riporta ad anacronistiche velleità prebelliche (stavolta però in chiave anti-tedesca).
Alcuni economisti seri – si veda per tutti Sergio Cesaratto su MicroMega – hanno più volte sottolineato la necessità di una intesa politica tra paesi mediterranei (a partire dall’Italia e dalla Francia) con l’obiettivo di proporre alla Germania, con la dovuta credibilità e la necessaria forza contrattuale, un percorso di revisione della costruzione europea, soprattutto sul piano dell’integrazione fiscale e della politica monetaria. Ma proporre una “Alleanza tra paesi mediterranei”, nel corpo di un manifesto che esprime antagonismo in ogni riga, conferisce al programma dei connotati esplicitamente distruttivi dell’Unione Europea come la conosciamo. Su questo punto è urgente che il partito di Grillo avvii una discussione seria e soprattutto trasparente, con la sua base e non solo.
Emergono insomma diverse questioni fondamentali su cui il M5S deve fare chiarezza, per poter discutere le sue proposte di politica economica costruttivamente con le altre forze politiche, italiane e soprattutto europee.
Post scriptum: ho intenzionalmente omesso di considerare i punti 5 e 6, non perché non meritino considerazione ma solo per ragioni di spazio. Conto di tornarci quanto prima, spero nell’ambito del commento di un documento più ampio e articolato.