Negli ultimi giorni hanno suscitato, sul web e tra la gente profonda partecipazione emotiva le vicende di Michael Schumacher e Pierluigi Bersani. Il primo, dopo un grave incidente mentre sciava, è stato ricoverato, indotto in coma farmacologico ed è tutt’ora in condizioni critiche, mentre il secondo ha subito un improvviso intervento, a causa di una emorragia cerebrale, e sembra non essere in pericolo. La mia speranza è che entrambe le situazioni possano risolversi positivamente e che i due possano riprendere le loro vite esattamente da dove le hanno lasciate.
Non seguo Schumacher a livello sportivo e non sono vicino politicamente a Bersani, quindi il mio è un dispiacere umano, non dettato da una particolare ammirazione o interesse personale. Sono persone che stanno soffrendo, insieme a parenti ed amici, tanto mi basta per sperare in bene, posso sentirmi vicino loro anche perché, in situazioni simili, mi ci potrei ritrovare io un domani o una persona a me cara. Nessuno è esente da malattie o incidenti, sono eventi con cui l’uomo ha sempre dovuto fare i conti e con cui continuerà a farli. Si tratta di circostanze spesso imprevedibili, possono cambiare radicalmente la visione del mondo, fanno assaggiare il sapore amaro dell’impotenza, possono togliere la vita, non necessariamente la restituiscono come era prima del loro arrivo.
Quello che mi fa provare una meraviglia, che sfocia a tratti nella confusione, è il sentire della gente che si “prodiga” nei confronti del personaggio famoso come se lo conoscesse e avesse un peso reale nella propria vita. Non parlo tanto dello sportivo o dell’attivista politico (volendo rimanere su Schumacher e Bersani che ho preso come esempio, in quanto attuali, ma ovviamente il discorso equivale anche per altre situazioni) che ben ne hanno di dispiacersi perché quelle figure fanno parte, in qualche modo, della loro quotidianità, anche se auspicabile sarebbe sempre avere chiaro il limite tra il personaggio e la reale conoscenza che se ne ha, ma, in fondo, ognuno è padrone del proprio sentire e da questa semplice constatazione è bene non allontanarsi mai troppo. Parlo di tutti gli altri e non mi sembrano pochi, quelli che conoscono i personaggi, non per interessi nei rispettivi campi, ma perché comunque la cronaca, quando più quando meno, parla di loro. Personalmente ho in mente tanti nomi di “vip” senza sapere chi siano o cosa facciano semplicemente perché i nomi circolano e ti ci imbatti, prima o poi.
Non sto affermando che il cordoglio della gente non debba sussistere o non debba essere comunicato, quello che mi spiazza è come non mi sembra si riesca ad esprimere partecipazione, con almeno la stessa intensità, alla sofferenza delle situazioni di violenza quotidiana che ci circondano e ci dovrebbero toccare in modo più radicale.
La gente continua a perdere il lavoro, cade in depressione, alcuni si suicidano, i tumori dovuti al forte inquinamento aumentano, non esiste possibilità, per molti, di costruirsi una vita dignitosa, come esisteva per i nostri padri ed i nostri nonni, che, anche con un singolo stipendio ed una famiglia numerosa, riuscivano a vivere dignitosamente. Le vittime di una crisi, che di naturale ed inevitabile ha ben poco, non sembrano suscitare gli stessi moti d’animo, risultano maggiormente invisibili proprio a quegli occhi in cui dovrebbe essere più facile rispecchiarsi.
Forse, nel momento in cui riusciremo a provare ed esprimere la commozione che proviamo per il personaggio pubblico, nello stesso identico modo verso il nostro prossimo più comune, con il quale spesso coincidiamo, senza purtroppo rendercene conto, qualcosa potrà cambiare davvero. La dignità di essere umano è patrimonio di ogni persona, indipendentemente dalla popolarità.