L'istituzione si è espressa sulla vertenza avviata dal maestro della banda municipale di Aosta, fornendo indicazioni per una "revisione epocale" della normativa. Cgil: "I risvolti della sentenza saranno rilevanti". Il ministro D'Alia: "Il governo ha già operato per sciogliere questo nodo"
La Corte di Giustizia Ue ha dichiarato “l’illegittimità della legislazione italiana in materia di precariato pubblico, accertando che l’Italia e la normativa interna non riconoscono e non garantiscono ai lavoratori pubblici precari le tutele e le garanzie previste dal legislatore europeo”. L’istituzione, che si è espressa sulla vertenza avviata dal maestro della banda municipale di Aosta, ha fornito, riferisce la Cgil, una indicazione netta all’Italia per “una revisione epocale” della normativa di riferimento.
La Cgil sottolinea inoltre che “i risvolti della sentenza, sia nei confronti della tutela dei lavoratori a tempo determinato, sia nei confronti della giurisprudenza resa sul punto dalla Corte di Cassazione, saranno particolarmente rilevanti”. Secondo quanto riferito dal sindacato, la Corte europea ha fornito allo Stato italiano un’indicazione netta: “Necessita in via urgente, assoluta e primaria una revisione epocale della normativa di riferimento in materia di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego”. Ad oggi – in base ad una stima del ministero della Pubblica amministrazione e semplificazione – sono oltre 250mila i precari che lavorano nelle fila della pubblica amministrazione, “per i quali si potrebbero aprire le porte dell’assunzione a tempo indeterminato”.
“La sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla legislazione italiana in materia di precariato pubblico non giunge certo come una novità, visto che il governo nel frattempo è già intervenuto con il decreto 101, convertito in legge, che ha come obiettivo proprio il superamento definitivo del fenomeno del precariato”. Cosi Gianpiero D’Alia, ministro per la Pa e la Semplificazione, risponde alle osservazioni della Cgil. “Da un lato – spiega D’Alia – abbiamo introdotto il principio secondo cui l’unico modo per accedere nella Pa è a tempo indeterminato, se non per esigenze eccezionali e motivate, pena la nullità del contratto con sanzioni disciplinari ed economiche per il dirigente che viola questa norma. Dall’altro abbiamo previsto, nell’ambito dei posti e delle risorse finanziarie disponibili, un sistema di inserimento stabile e meritocratico nelle Pa attraverso concorsi riservati per quei precari che da almeno tre anni negli ultimi cinque, con il loro lavoro, mandano avanti le amministrazioni. Spiace che nel dare valutazioni – conclude D’Alia – un sindacato come la Cgil non tenga conto dei passi avanti compiuti fino a oggi, in una situazione emergenziale e con risorse ridotte che non consentono certamente stabilizzazioni di massa”.