Se il sogno di molti bambini è quello di diventare astronauti, non tutti una volta cresciuti potranno effettivamente viaggiare nello spazio. Tutti, o quasi, potranno però diventare ricercatori di buchi neri: basta avere buon occhio e un computer per unirsi al progetto Radio Galaxy Zoo, lanciato dall’Agenzia spaziale australiana (Ciro), dall’Università di Oxford e da quella del Minnesota.

Il sito mette infatti a disposizione immagini dell’universo: non le foto che si potrebbero scattare con una potente macchina fotografica, ma quelle fornite da strumenti sensibili alle radiazioni emesse dai corpi celesti, e in particolare quelle alle lunghezze d’onda delle radiofrequenze e degli infrarossi. Gli utenti possono così confrontare i dati e scovare i buchi neri. L’osservazione diretta infatti non aiuta nel caso di buchi neri supermassivi, non solo perché questi fagocitano tutto ciò che hanno intorno (compresa la luce), ma anche perché si trovano di solito al centro delle galassie e possono dunque venire nascosti dalle polveri, i gas e le stelle che si trovano tra loro e l’osservatore.

Invece, ciò che risulta efficace è la ricerca indiretta degli imponenti getti di materiale che i buchi neri più grandi sono capaci di lanciare nello spazio, che si osservano scandagliando l’universo alle lunghezze d’onda radio. Tuttavia, questi oggetti non sono gli unici a emettere tali radiazioni e per questo per scovarli bisogna confrontare le radioemissioni con le emissioni di altre onde elettromagnetiche, come quelle nell’infrarosso: di queste i buchi neri sono sorgenti, ma non lo sono i loro getti; dunque confrontando le immagini nell’infrarosso che arrivano dal satellite Wise della Nasa con quelle radio fornite dal telescopio Karl G. Jansky Vla in New Mexico si può capire se si è di fronte a un buco nero, a galassie lontane o ad altri corpi celesti. Ma per ora non esiste alcun software capace di sovrapporre le immagini e decidere automaticamente di cosa si tratti. “Agli esseri umani basta invece un minuto per imparare a farlo”, ha spiegato Julie Banfield, coordinatrice del progetto. “Nel caso di immagini semplici ci vogliono pochi secondi per sovrapporre le ‘foto’ dell’universo, e solo qualche minuto per le più complesse: capendo se quelle scattate nell’infrarosso e alle lunghezze radio coincidono o meno si scopre se si ha di fronte una semplice galassia o un bel buco nero”.

Il sito di Radio Galaxy Zoo

di Laura Berardi

Dal Fatto Quotidiano del 6 gennaio 2014

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