Secondo il rapporto Liikanen, la divisione tra le due attività è indispensabile per prevenire future crisi economiche. Ma l'obiettivo, allo studio della Commissione europea, appare sempre più lontano
Separare le banche d’investimento da quelle di risparmio? Sì ma non troppo. Secondo alcune indiscrezioni trapelate a Bruxelles e riprese dal Financial Times, la proposta di divisione tra queste due attività bancarie allo studio della Commissione europea sembra a dir poco sbiadita viste le molte limitazioni e discrezionalità previste. Eppure, secondo il rapporto Liikanen pubblicato nel 2012, una netta separazione tra trading e risparmio è indispensabile per prevenire futuri terremoti finanziari come quello che ha scosso l’Europa negli ultimi anni. Secondo le 150 pagine del dossier, dal titolo “Mai più la crisi”, una separazione legale tra attività di credito e di trading finanziario è fondamentale perché “è ora di porre fine al sistema in cui si privatizzano i profitti e si socializzano le perdite”.
Sono parole pronunciate alla presentazione del documento dallo stesso Erkki Liikanen, il governatore della Banca centrale finlandese a capo del gruppo di undici esperti incaricato dalla Commissione europea di studiare le mosse per prevenire eventuali future crisi del settore finanziario e le conseguenti ricadute sulle casse pubbliche, i risparmi dei contribuenti e il finanziamento dell’economia reale. Solo dal 2008 al 2011, infatti, il soccorso europeo alle banche del continente è costato ben 4500 miliardi di euro di fondi pubblici, ovvero il 36,7 per cento del Pil europeo. Una cifra da capogiro che è stata finanziata sostanzialmente con le tasse dei contribuenti, i tagli alla spesa sociale e la sottrazione di capitali a imprese e aziende. Gli esperti raggruppati dal Commissario Ue al Mercato Interno Michael Barnier avevano scritto nero su bianco quanto fosse fondamentale separare una volta per tutte le attività di trading da quelle di credito. Questa divisione dovrebbe riguardare l’attività di compravendita in proprio, i derivati, prestito ed esposizione non garantite verso gli hedge fund, investimenti strutturati e in private equity. Una separazione che dovrebbe scattare qualora gli asset bancari impiegati nel trading superino il 15-25% di quelli totali della banca o eccedano i 100 miliardi di euro.
Secondo il rapporto, non si tratta di bandire le cosiddette “banche universali” perché la divisione tra queste due attività potrebbe essere fatta in seno allo stesso istituto. Ma tutto questo rischia di rimanere sulla carta. Secondo le indiscrezioni, la nuova proposta della Commissione europea – che sarà ufficializzata verso la fine di gennaio primi di febbraio – consisterà in una versione edulcorata delle raccomandazioni Liikanen. Prima di tutto il trading speculativo sarà separato dal risparmio solo per una trentina di banche e poi ai supervisori nazionali sarà lasciata ampia manovra di decisione. Insomma niente di obbligatorio a livello centrale. Si tratta di una grande vittoria delle grandi banche che negli ultimi quindici mesi hanno frenato a più non posso su questa separazione, in particolare gli istituti tedeschi e francesi, che preferiscono le norme adottate recentemente a livello nazionale con ampi poteri discrezionali per i propri supervisori. Regole più soft sono accolte con favore da migliaia di istituti di credito europei, viste le eccezioni possibili sulla divisione delle attività bancarie e perfino sul divieto del cosiddetto “proprietary trading”, ovvero gli investimenti realizzati con obbligazioni, valute, materie prime, derivati e altri strumenti finanziari che una banca fa per realizzare un profitto per se stessa e non per i propri clienti.
Eccezioni potrebbero essere previste anche per le grandi banche mutualistiche come la francese Crédit Agricole e le tedesche DeKa e DZ Bank. Eppure il rapporto Liikanen specificava che le proprie raccomandazioni avrebbero dovuto essere applicate “a tutte le banche senza alcuna distinzione di modello d’affari, comprese le mutualistiche e cooperative”. Scomoda la posizione del Commissario Ue Michael Barnier responsabile del dossier, lo stesso che nel giugno 2012 tuonava contro i miliardi pubblici spesi per salvare le banche ma che già nel gennaio 2013, al World Economic Forum di Davos, precisava di non volere “penalizzare le banche che stanno lavorando nell’interesse dell’economia e dell’industria”. Ma, a dover applicare la proposta finale della Commissione europea, non sarà lui. Si parla infatti del 2020 per l’entrata in vigore della separazione delle attività bancarie e il prossimo luglio cambierà la composizione dell’intero collegio di Commissari Ue. Laconiche le parole pronunciate da Liikanen alla presentazione del rapporto nell’ottobre 2012: “Sono sicuro che le nostre raccomandazioni, se adottate, contribuiranno a costruire un sistema bancario più sicuro e stabile al servizio dei cittadini, l’economia europea e il mercato interno”.
Twitter: @AlessioPisano