Prima la difesa del gioco d’azzardo, poi gli affitti d’oro e infine il prelievo forzoso di 150 euro mensili agli insegnanti. La dissociazione psicologica del Pd si è cronicizzata.
Nei tre succitati episodi clinici, il decorso della psicopatologia del Pd è sempre stato il medesimo: la maggioranza tenta la porcata, il Movimento 5 Stelle la denuncia, Matteo Renzi si dissocia dal partito di cui egli stesso è segretario e si accoda alla protesta M5S. Il sindaco di Firenze si prende i meriti per aver risolto gli inguacchi partoriti dal suo stesso partito, i media lo celebrano.
Nel primo caso la maggioranza del governo Letta è stata pizzicata da Giovanni Endrizzi, poi da Riccardo Fraccaro e infine da Luigi Gallo, tutti parlamentari M5S.
Renzi in tv sbeffeggia il Movimento 5 Stelle come quelli dei microchip e delle sirene che salgono sul tetto. E invece sono quelli che in meno di un mese vi hanno dato tre sberle.
Perché se per il gioco d’azzardo Renzi ha tentato di spacciarsi come promotore del dietrofront, se per gli affitti d’oro (secondo la stampa) sarebbero state le “perplessità di Napolitano” a risolvere la faccenda, se per il furto legalizzato agli insegnanti si è ribellato non solo Renzi, ma persino Alfano (il malanno dissociativo dev’essere contagioso, visto che il fattaccio sulla scuola è una conseguenza del decreto legge n.98, 6 luglio 2011, governo Berlusconi, poco dopo convertito in legge e poi prorogato nel 2012 dal governo Monti, anche e soprattutto con i voti del Pd), la verità è che la maggioranza del governo Letta, e in particolare il Pd, ha subito una triplice bacchettata dal M5S. Per tre volte ci hanno provato, per tre volte gli è andata buca.
Come era prevedibile, la ruberia di Stato agli insegnanti non ci sarà più.
Repubblica.it ha spiegato che dobbiamo rendere grazie al furore di Renzi il Magnifico (“Rimediate a questa figuraccia”). Myrta Merlino, giornalista e conduttrice de “L’aria che tira”, ha suggerito (non troppo velatamente) che il governo Letta cambia rotta non appena Renzi proferisce verbo.
La realtà dei fatti è che le 150 euro mensili resteranno nelle saccocce degli insegnanti (tradizionale bacino elettorale del centrosinistra) grazie alla contestazione partita dal Movimento 5 Stelle (come almeno il Fatto ha ricordato).
di Francesco Manna (@FrancescoLamana) e Annalisa Rossi (@annalisaros)