Il gruppo criminale, originario della Locride, forniva protezione ad alcuni locali della movida milanese attraverso una “sorta di estorsione-tangente" dal cui pagamento gli imprenditori hanno tratto anche “un cospicuo vantaggio”. Tra i "servizi" forniti quello del recupero crediti e dello spaccio. Il pm: "Sono gli imprenditori a cercare i clan, non più viceversa"
Sono dieci gli arresti in carcere eseguiti nei confronti di altrettanti appartenenti alla cosca Barbaro-Papalia operante nell’hinterland milanese. Un’operazione che ha interessato anche il territorio calabrese con interventi nella Locride, luogo di origine di alcuni degli arrestati, e che ha permesso di disarticolare la struttura nota come ‘La Lombardia’, già al centro dell’inchiesta ‘Infinito’, particolarmente attiva nell’area di Corsico, Buccinasco e Trezzano sul Naviglio.
Agostino Catanzariti e altri presunti boss della ‘ndrangheta hanno fornito – scrive il gip di Milano Franco Cantù Rajnoldi nell’ordinanza emessa su richiesta del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del pm Paolo Storari – una “protezione a tutto campo” ad alcune discoteche milanesi una “protezione totale” attraverso una “sorta di estorsione-tangente” dal cui pagamento gli imprenditori hanno tratto anche “un cospicuo vantaggio economico”. Si tratta di 17 locali: Academy Musicabaret in via Mecenate, del Borgo dei Sensi – Karma in via Fabio Massimo, del Café Etniko in via Canonica, del Camana Club in via Palermo a Buccinasco, dello Chandelier in via Broggi 17, il Codice a Barre in Alzaia Naviglio Grande, il De Sade in via Valtellina 21, il Diverso in via Gallarate 224, l’Indian Soul Company in via Isonzo a Rozzano, il Lago Verde in via Macconago, L’Oasi in via Lombardia a San Giuliano Milanese, i Magazzini Generali in via Pietrasanta, il Pelledoca in via Forlanini, le Piscine Saini in via Arcangelo Corelli, lo Streep Club in via Padova, il Tunnel Club in via Giovanbattista Sammartini, il Trotto in via dell’Ippodromo.
I presunti boss, in particolare, secondo i pm, hanno fornito “agli imprenditori servizi di sicurezza attraverso forme di cosiddetta ‘estorsione’ – protezione, dove il rischio per l’imprenditore deriva dallo stesso soggetto (appartenente alla ‘ndrangheta) che fornisce la protezione”. Altro ‘servizio’ fornito dalle cosche calabresi, sempre secondo l’accusa, era quello del recupero “crediti derivanti da attività lecite e illecite avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e pertanto con modalità estorsive”.
Personaggio principale dell’inchiesta è Agostino Catanzariti, arrestato per associazione mafiosa “quale capo e organizzatore, in possesso della dote de ‘Il vangelo’ (…) con il compito di coordinare l’attività degli altri associati, di tenere i contatti con gli altri sodali detenuti, provvedendo anche al loro sostentamento economico”. Tra gli arrestati anche Flavio Scarcella che ha chiesto e ottenuto “l’intervento di Saverio Catanzariti (anche lui finito in carcere, ndr) per mediare con la famiglia mafiosa Flachi ed in particolare con Flachi Enrico, per la gestione della sicurezza all’interno della discoteca ‘De Sade’”.
Custodia cautelare anche per Antonio Papalia che ha avuto “il ruolo di capo”, sovraintendendo “all’attività di spaccio di stupefacente nel territorio di Corsico-Buccinasco, manifestando il suo ruolo di vertice non maneggiando mai la sostanza stupefacente”. Arrestati anche Michele Grillo, Halil Abderrahim, Giuseppe Massari, Giuseppe Mesiti, Natale Trimboli, Antonio Virgara.
L’operazione ha visto impegnati oltre 150 tra carabinieri e finanzieri in Lombardia e in Calabria e segue gli otto arresti del maggio scorso. “Questa indagine conferma quanto emerso nel corso di molte altre inchieste sui legami tra ‘ndrangheta e imprenditoria in Lombardia: ovvero che sono gli imprenditori a cercare le cosche, e non più viceversa”, ha commentato il pm Paolo Storari della Procura di Milano nel corso della conferenza stampa organizzata per illustrare i dettagli dell’operazione. “Il termine ‘infiltrazione’ non è corretto, perché dà l’idea di un virus che dall’esterno attacca un corpo sano – ha aggiunto il pm – E invece non è così, almeno non più, sono le presunte vittime, gli imprenditori, a chiedere l’aiuto della ‘ndrangheta. In questo caso specifico si adombra addirittura un rapporto decennale tra le parti, con una sorta di ‘assicurazione’ che veniva periodicamente rinnovata”.