Il ragazzo nel settembre 2009 era stato scambiato per la vedetta di uno spacciatore. I giudici di primo grado hanno condannato per sequestro di persona, lesioni, insulti razzisti e minacce otto agenti della municipale di Parma. Questi hanno fatto ricorso e chiesto risarcimento al Comune per essere stati demansionati
Scambiato per il palo di uno spacciatore e pestato dalla polizia municipale. Il caso di Emmanuel Bonsu, quello che l’agente Fratantuono chiamò “negro”, arriva in Corte d’appello. Sono partite il 7 gennaio a Bologna le udienze per il processo di secondo grado. Otto vigili urbani del comando di Parma a ottobre 2011 erano stati infatti condannati a vario titolo per sequestro di persona, lesioni, insulti razzisti e minacce in relazione all’arresto del 25enne ghanese. Oltre agli agenti, il tribunale di Parma in primo grado ritenne responsabile tutta la catena gerarchica della polizia municipale, sino al vice-comandante Simona Fabbri che ha ricevuto una delle condanne più dure: 7 anni e sei mesi. In aula erano presenti tutti gli imputati, alcuni persino accompagnati dai propri genitori. C’erano anche quelli che nei giorni scorsi hanno chiesto un risarcimento al Comune per essere stati demansionati e spostati in altri uffici e lasciati senza più la divisa, né la pistola. La vittima non c’era invece; nei primi due giorni ancora non si è vista in aula.
La pena più pesante tuttavia era stata quella inflitta all’agente Pasquale Fratantuono, lo stesso ritratto nella foto che fece il giro del mondo: Bonsu, con un occhio tumefatto, veniva esibito a mo’ di trofeo. Fratantuono è stato condannato a 7 anni e 9 mesi. Fu lui peraltro a ‘intestare’ con le parole “EMANUEL NEGRO” la busta col logo “Comune di Parma”, dentro la quale furono restituiti al ragazzo i suoi effetti personali dopo il fermo al comando.
Oltre a Simona Fabbri e Pasquale Fratantuono gli altri condannati in primo grado che hanno fatto ricorso in appello sono Stefania Spotti (6 anni e 8 mesi), Giorgio Albertini (4 anni e 7 mesi), Andrea Sinisi (4 anni e 9 mesi), Marco De Blasi (3 anni e 4 mesi), Graziano Cicinato (2 anni con pena sospesa), Mirko Cremonini (3 anni e 6 mesi). Tutti lavorano ancora nell’amministrazione comunale, ma in ruoli non di pubblica sicurezza. Secondo la sentenza di primo grado la vicenda Bonsu nasce in un momento in cui i vigili urbani volevano in qualche modo fare parlare di sé in città, con operazioni particolari. “Un contesto – fu scritto nelle motivazioni del tribunale di Parma – che vede agire delle persone che rivestono la qualifica di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria in un evidente stato di sovraeccitazione e di esaltazione che armi in pugno partono all’assalto, che abusando del loro potere, placcano, atterrano, minacciano, intimidiscono, perché il loro obiettivo è concludere con successo l’operazione, devono fare quella che in gergo si chiama ‘retata’, prendere lo spacciatore, gli acquirenti, il palo, gli eventuali collaboratori perché quella è l’operazione con la quale devono accreditarsi quale nucleo scelto di polizia Municipale“.
Gli imputati, a parte Cicinato, erano stati anche condannati per falso ideologico. Secondo il giudice di primo grado infatti volevano screditare Emmanuel che li aveva denunciati per le violenze: “E allora – è scritto nelle motivazioni di primo grado – si redige a suo carico un verbale di identificazione per resistenza, si formula una notizia di reato quando ormai la vicenda è pubblica e non c’è più tempo di sistemare meglio le cose”. Sorprendentemente in primo grado non fu condannato invece il comune di Parma (allora guidato dal sindaco Pdl, Pietro Vignali). Per questo anche egli avvocati di parte civile hanno fatto ora ricorso in Corte d’appello chiedendo che il Comune, rappresentato in aula a Bologna dall’avvocato Pierluigi Collura, risarcisca il ragazzo.
“Sono emerse delle contraddizioni nel racconto della parte civile rispetto ad alcuni testi. Nessuno peraltro ha mai sentito urla o lamenti al comando quella sera, nonostante vi fossero molti testimoni”, ha spiegato nella sua difesa in aula l’avvocato Mirco Battaglini, del foro di La Spezia, che difende Fratantuono assieme all’avvocato Marco Valerio Corini. “Inoltre – spiega ilfattoquotidiano.it Battaglini – in primo grado non è stato ascoltato dai giudici un medico del pronto soccorso che fece immediatamente un certificato con una prognosi di soli due giorni. Solo dopo cinque giorni, in un’altra visita, emergerà la frattura all’orbita destra, che inizialmente non era stata ravvisata”. Le difese di tutti gli imputati inoltre giustificano le lesioni sul viso e sul corpo del 25enne con la colluttazione avvenuta nel parco quando il ragazzo avrebbe iniziato a correre e a fare resistenza agli agenti che, secondo le difese, gli chiesero solo le generalità. E non dunque a una precisa volontà di fargli del male. Infine sulla scritta “Emanuel Negro” sulla busta, la difesa di Fratantuono non ha dubbi: “Non c’era intento discriminatorio, solo un modo per identificarlo visto che al comando quel giorno c’erano tanti fermati”, spiega ancora al fattoquotidiano.it l’avvocato Battaglini.