L'ex capo di gabinetto del ministro dell'Interno si dimise. Il prefetto, ora in pensione, racconta a Repubblica che la sera del 28 maggio incontrò l'ambasciatore kazako su input di Alfano: "Mi disse che si trattava di una questione di grave minaccia alla pubblica sicurezza". Pd e Sel chiedono chiarimenti: "Alfano spieghi"
Era il 16 luglio 2013 quando Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto del ministro dell’Interno Angelino Alfano, si dimise per le conseguenze della bufera mediatica scatenata dal caso Ablyazov. Mesi dopo in una intervista a Repubblica il prefetto risponde ad alcune domande che potrebbero mettere in serie difficoltà l’inquilino del Viminale. Procaccini spiega che la sera del 28 maggio incontrò l’ambasciatore kazako su input di Alfano: “Non fu una decisione che presi di mia iniziativa. Quella sera, infatti, intorno alle 21.15, 21.20, raggiunsi Alfano a Palazzo Chigi. Dovevo consegnargli alcuni documenti e in quell’occasione il ministro mi informò che l’ambasciatore kazako lo aveva cercato perché aveva urgenza di comunicare con il ministero. Aggiunse quindi una cosa cruciale, ricordo con esattezza le parole – Mi disse che si trattava di una questione di grave minaccia alla pubblica sicurezza“.
Eppure Alfano al Parlamento aveva detto di non avere saputo nulla fino al 2 giugno quando era stato informato dell’esistenza di una questione kazaka dal ministro degli Esteri, Emma Bonino. E il 17 luglio anche il premier aveva garantito sull’estraneità del responsabile del Viminale.
E così che Procaccini decise di rientrare subito in ufficio, almeno questo è il suo racconto, e di convocare l’ambasciatore: “Qui, come è noto ormai, l’ambasciatore mi riferì di Ablyazov, della segnalazione dell’Interpol, dell’asserita pericolosità di questo’uomo che definì un noto terrorista e dei colloqui da lui già avuti in Questura, che per altro, aveva già provveduto alla localizzazione della villa di Casal Palocco e avrebbe condotto di lì a poco ore il blitz”. Che successivamente portò alla consegna di Alma Shalabayeva, moglie di Ablyazov, e della figlia al Kazakistan.
Della vicenda poi il prefetto, ora in pensione, tornò a parlare con il ministro Alfano il giorno dopo: “Lo informai verbalmente della visita notturna dell’ambasciatore, del blitz nella villa di Casal Palocco e del suo esito negativo”.
“Aspettiamo Alfano in Aula sul caso Shalabayeva. Il ministro disse che nulla sapeva dell’operazione della polizia kazaka, il suo ex capo di gabinetto Procaccini fornisce oggi una versione completamente diversa. Il Parlamento deve sapere se il vicepremier ha detto la verità o ha mentito” dicono i senatori Pd Roberto Cociancich e Isabella De Monte. “È una vicenda grave che Alfano non può continuare a sottovalutare. A luglio le Camere gli confermarono la fiducia sulla base di una ricostruzione, oggi completamente smentita”. nche Sel chiede chiarimenti: “Insomma, da quanto emerge dalle dichiarazioni, il capo del Viminale era perfettamente a conoscenza di tutti i passaggi dell’extraordinary rendition verso un paese come il Kazakistan. Alfano ha il dovere di dire se Procaccini dichiara il falso e venirlo a spiegare in Parlamento” afferma Arturo Scotto, capogruppo Sel in commissione Esteri.