Esiste la speranza di un Futuro per l’Italia? Io credo di sì. Noi italiani abbiamo l’abitudine di tirarci la zappa sui piedi, come si suol dire. Lo facciamo così bene e lo facciamo da così tanto tempo che ormai è insito nel nostro modo di parlare. Se uno straniero si lamenta di qualcosa che non funziona in Italia, per definizione ogni stato ha le sue peculiarità e i suoi difetti, siamo soliti guardarlo sorridendo dicendo “siamo in Italia”. Un leitmotiv che ci trasciniamo dietro dalla seconda guerra mondiale, o dalla fine dei ruggenti anni 70 quando Olivetti, Eni, Autostrade Italiane insegnavano al mondo che una piccola nazione può avere creatività, ingegno ed è capace di emergere pur mancando di materie prime.
Sarebbe troppo facile dire che le nostre materie prime sono i nostri cervelli, ma a guardare la storia non mancano menti illustri che sono state poco comprese, o non han avuto supporto adatto e hanno visto le loro scoperte rubate, dimesse o dimenticate. Marconi, Fermi, Mattei sono solo alcuni nomi del passato. Cosa succede in questi anni? Semplice sta cambiando un intero sistema. Gli equilibri economici sono venuti meno, la piccola media impresa italiana si è scoperta che a fare progetti imitando il “vicino di capannone” non riesce più a sbarcare il lunario, molte aziende chiudono per incapacità di innovarsi; altre per il marcato individualismo che connota, nel bene o nel male, noi italiani. Tra tensioni internazionali, scenari energetici in continua evoluzione e multinazionali all’assalto di ogni nicchia di mercato (scortate dalla piccola flottiglia di costose agenzie di management consulting e legal advisor), viene da pensare che le Pmi italiane, specie quelle del settore manifatturiero siano destinate alla scomparsa.
Un’estinzione che non porta solo alla disoccupazione di migliaia di lavoratori, ma anche la perdita di decenni di conoscenze tecnologiche, conoscenze pratiche e brevetti. Nella mia continua ricerca di casi positivi quindi non posso che essere entusiasta di scoprire che nella piccola provincia di Monza e Brianza esiste una realtà associativa di categoria, l’Unione Artigiani, il cui ufficio Marketing&Sviluppo sta creando un gruppo d’imprese in collaborazione con la Coduri Oil&Gas Technology, per fare affari nel mondo del petrolio. Di solito lo scenario energetico è appannaggio delle grandi corporation che trattano solo con egualmente grandi fornitori. Tuttavia succede che tra un mega contratto e l’altro vi siano manutenzione ordinaria, piccole quantità di pezzi di ricambio da acquistare just in time (per dirla all’italiana “consegnami il pezzo ieri!”) che implicano una flessibilità operativa e produttiva molto elevata. Per le dimensioni e la burocrazia interna molti grandi gruppi difficilmente possono risolvere in breve tempo questi ordinativi.
Di qui l’idea venuta all’Unione Artigiani di attivare un progetto per dare la caccia a queste piccole commesse. Piccole certamente per gli standard di una multinazionale, ma 20, 30, 50 mila euro di lavoro possono comunque essere un progetto interessante per una pmi italiana o una aggregazione di aziende artigiane. La prima missione avrà come riferimento il mercato del nord europa, attualmente in evoluzione. Tuttavia altri scenari, dal Brasile al Medio Oriente fino all’Australia, attendono questo gruppo di imprenditori. Se è vero che la Cina sta sempre più velocemente mettendo le mani su differenti progetti infrastrutturali legati alle commodity (quali impianti di raffinazione ed estrazione, trasporti, logistica portuale) è anche vero che la Cina non appare essere il miglior fornitore per quel che concerne la meccanica, mentre noi Italiani, insieme a Germania e Giappone, siamo potenzialmente esperti e flessibili.
L’esempio brianzolo non è certo l’unico (mi auguro), ma essendo vicino come area geografica a dove vivo mi è subito saltato all’occhio come esempio di imprenditorialità “veloce”. Niente burocrazia eccessiva: ci si incontra, si capisce se si va d’accordo, una analisi dello scenario locale e poi via per la prima missione. Ovviamente non sono tutte rose e fiori, ma se si vuole avere una speranza per il futuro questo deve essere l’approccio.
@EnricoVerga