Ognuno per sé. Ed è caos totale tra i democratici di Puglia. La loro già fragile unità si frantuma di fronte all’arrivo del gasdotto Tap, la mega infrastruttura che dovrebbe trasportare l’oro blu dell’Azerbaijan fino alle coste del Salento. Fioccano posizioni agli antipodi, bracci di ferro che pare ne celino altri, segreterie che parlano lingue diverse. E’ la Babele che restituisce il confronto tutto interno al Pd sul tema cruciale della diversificazione delle fonti energetiche e del metanodotto Trans adriatic pipeline, inserito nell’accordo internazionale tra Italia, Grecia e Albania, ratificato dalla Camera il 5 dicembre scorso. Il suo approdo è previsto, per il momento, a San Foca, sulla costa adriatica del Leccese, scelta progettuale della multinazionale Tap fortemente osteggiata dalle popolazioni locali e in grado di agitare una delle discussioni più aspre all’interno del maggior partito del centrosinistra.
A spaccare il fronte è stata la pietra lanciata dal numero uno dei democratici pugliesi, Sergio Blasi: spostare il gasdotto nel Brindisino, nei pressi di Cerano, e legare il suo attracco alla riconversione a gas della problematica centrale a carbone di Enel. Apriti cielo. Utopia impossibile, secondo molti. Fumo negli occhi, secondo altri, soprattutto di chi spinge ora per la dismissione dell’impianto. Il segretario regionale del Pd, però, tira dritto. E spiega: “E’ una grande occasione. Non è vero che la riconversione della Federico II sia tecnicamente impossibile. E’ costosa, certo, per Enel. Ma qual è il costo sanitario che già sopporta la collettività per i suoi fumi? Non possiamo aspettare che la magistratura ricolmi di nuovo un vuoto delle istituzioni. La Regione deve fare chiarezza, richiamando al dialogo Tap ed Enel, chiedendo alla prima di vendere il gas a prezzo convenzionale perché la seconda lo usi al posto del carbone, come avrebbe già dovuto fare da oltre vent’anni”.
Una posizione, quella di Blasi, destinata a rimanere isolata al termine della riunione fiume di ieri a Bari. A tentare di trovare la quadra c’erano tutti i consiglieri e assessori regionali del partito, oltre al sindaco di Brindisi, Mimmo Consales. “Abbiamo confermato la necessità di distinguere le due vicende, per evitare di dare a Tap l’alibi per non proporre una soluzione alternativa all’approdo di San Foca. Allo stesso modo, Enel non può rinviare la sua decarbonizzazione a quando sarà risolto il problema gasdotto”. A parlare è Loredana Capone, assessore regionale allo Sviluppo Economico e anche lei del Pd. La posta in palio è altissima, gli interessi in campo notevoli e gli equilibri precari. Il prossimo 14 gennaio, il comitato regionale per la Valutazione di impatto ambientale dovrà emanare il suo parere, obbligatorio ma non vincolante, sul metanodotto.
Dopo la bocciatura di un primo progetto, pare verosimile anche quella del secondo, visto che l’attracco è previsto nella stessa marina adriatica e, nel frattempo, il clima è diventato ancora più incandescente. Non è un caso che, lo scorso 27 dicembre, il sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, abbia dovuto presenziare all’animato incontro organizzato dalla Regione Puglia con la popolazione locale. “Promettendo in quella sede – ricorda la Capone – che il governo rispetterà i risultati della consultazione pubblica”. Se così sarà, anche per evitare una temuta nuova Val Susa, resta la grana di dove far approdare l’infrastruttura. E’ di fronte a questo che il Pd continua a viaggiare in ordine sparso.
La patata bollente rischia di tornare nelle mani dei brindisini, in particolare di Lendinuso, marina, tra l’altro, ai piedi di Cerano e ipotesi inizialmente scartata. “Non se ne parla – tuona il segretario provinciale Maurizio Bruno – Non è per campanilismo, ma noi abbiamo già pagato un prezzo carissimo alla causa nazionale. E non pensi Blasi, che è leccese, o chi come lui di scaricare a noi il problema, solo perché siamo il territorio con la rappresentanza istituzionale più debole”. Fratelli coltelli. Con in mezzo la singolare posizione della segreteria provinciale salentina, guidata da Salvatore Piconese: “Se Tap vuole giungere qui, trovi un accordo con Igi Poseidon e faccia proprio il progetto già approvato a Otranto”. E’ il là politico a quello che dovrebbe essere un matrimonio di interessi privati, che, stando alle indiscrezioni, in molti, a Roma e a Bari, stanno cercando di combinare. La partita è aperta: la multinazionale Tap s’è aggiudicata il gas azero, ma non ha ancora l’ok all’opera, mentre Igi Poseidon, di cui fa parte Edison, sebbene digiuna di materia prima, ha già incassato le autorizzazioni del Ministero dell’Ambiente e ottenuto, a novembre, la proroga al 2016 per l’avvio del cantiere, oltre alla benedizione di Legambiente.