C’è anche l’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, , tra gli indagati nell’inchiesta della Procura di Roma sul malaffare nella gestione dei rifiuti che ha portato ai domiciliari 7 persone, tra queste Manlio Cerroni, definito il “Supremo”, padrone della partita pattume nella Capitale e nel Lazio. L’ex presidente della Regione – che ha ripreso il suo lavoro da giornalista Rai con il programma Razza umana – è accusato è indagato per abuso d’ufficio e falso. La vicenda è quella relativa alla costruzione dell’inceneritore di Albano, osteggiata dai comitati e mai avvenuta. Secondo l’accusa l’obiettivo era procurare un ingiusto vantaggio al consorzio Coema di Cerroni e alla Ecomed, composta dalle municipalizzate Acea ed Ama, consistente nella possibilità di costruzione dell’impianto sul terreno di proprietà dell’avvocato e di godere degli incentivi Cip 6 che premiano, solo in Italia, anche chi produce energia bruciando rifiuti. Per Marrazzo, indagato insieme a Cerroni e al funzionario Luca Fegatelli (pure lui ai domiciliari), la contestazione è relativa all’ordinanza firmata nell’ottobre 2008 che consentiva al consorzio Coema di avviare le attività per realizzare l’impianto di Albano. Ordinanza illegittima visto che al 30 giugno di quell’anno, il commissario straordinario, Marrazzo, aveva cessato i poteri e il presidente della Regione era diventato non più competente.
L’ordinanza era finalizzata all’avvio dei lavori prima del 31 dicembre di quell’anno “così da non decadere – precisa il gip Battistini – dagli incentivi pubblici denominati Cip 6, la cui elargizione era normativamente condizionata a detto requisito”. La vicenda Albano, a carico degli altri indagati, riguarda anche l’emanazione di un provvedimento, nel 2008, che dava l’ok alla valutazione di impatto ambientale in riferimento all’impianto affermando “contrariamente al vero – scrive il gip Massimo Battistini – che le integrazioni progettuali prevedessero una riduzione di produttività dell’impianto, invece si trattava di una riduzione di produzione, a capacità produttiva, e quindi inquinante pressoché invariata”. Un provvedimento, quello sottoscritto, datato 8 ottobre 2008, ma che dalla intercettazioni telefoniche risultava modificato e integrato fino ad una settimana successiva al protocollo.
Marrazzo si dice pronto a chiarire: “In merito alla notizie apparse sui media, riguardanti l’inchiesta sui rifiuti nel Lazio, non posso che dichiarare la mia totale estraneità dai fatti – dichiara in una nota – Nel ribadire di avere sempre operato – da Presidente della Regione Lazio e Commissario ai rifiuti – nel massimo rispetto delle leggi, sono pronto sin da adesso a mettermi a disposizione degli organi competenti, magistratura e carabinieri del Noe, per chiarire ogni aspetto -aggiunge- Tutto questo nella convinzione che lo spirito di collaborazione sia un dovere per ogni cittadino nella difesa della legalità e della trasparenza”.