Sono immagini fortissime, di orrore e dolore, ma anche piene di empatia e umanità, quelle che compongono un documentario sull’Olocausto alla cui realizzazione contribuì Alfred Hitchcok. Sono rimaste per decenni custodite all’Imperial War Museum di Londra, dove erano arrivate dopo che la realizzazione del film – con pellicole girate anche quando nel 1945 furono aperti i cancelli del campo di concentramento di Bergen-Belsen – non fu veloce abbastanza da tornare utile agli obiettivi politici del momento.
Quel documentario sulla liberazione dei campi di concentramento nazisti curato dal grande regista britannico e dimenticato per più di 60 anni ora è stato riscoperto e il lavoro, mai mostrato al pubblico integralmente, sarà trasmesso anche in tv dopo essere stato messo da parte per favorire la riappacificazione.
Venne in parte recuperato nel 1980 e proposto in una versione incompleta al Festival di Berlino del 1984, oltre che sulla rete tv americana ‘Pbs’ con il titolo ‘Memory of the Camps’. La pellicola venne realizzata da Hitchcock nel 1945, chiamato a lavorare sul materiale, girato da truppe inglesi e sovietiche soprattutto a Bergen-Belsen, dall’amico Sidney Bernstein.
Quelle immagini scioccarono il maestro che fu costretto ad allontanarsi dal progetto per una settimana. Ora l’Imperial War Museum sta provvedendo al restauro della versione curata da Hitchcock, includendo anche il materiale non utilizzato negli anni Ottanta. Il film dovrebbe essere disponibile per i festival e il cinema per la fine del 2014 e anche la tv inglese potrebbe trasmetterlo nel prossimo anno.
Era stato il fidato collaboratore e amico di sempre Bernstein che aveva contattato Hitchcock proponendogli di partecipare alla realizzazione del documentario, basato su ore di immagini raccolte da militari britannici e sovietici. Non ne sarebbe stato il regista e non è ad oggi chiaro esattamente in quale misura Hitchcock contribuì alla realizzazione del film, ma nel lavoro finito è chiarissimo – indicano gli esperti – che furono seguite le sue idee per la costruzione del film.
Toby Higgith, curatore del museo Londinese, assicura che non si tratta di un film ”sulla morte”, ma ci sono immagini di ricostruzione e riconciliazione, e soprattutto immagini di quel ritorno alla vita che la fine del nazismo rappresento: si vedono i deportati che, i cancelli dei campi ormai aperti, fanno la prima doccia, che ripuliscono i loro vestiti, per rimettersi in cammino. Una testimonianza preziosa, ”molto più candida di altre”, spiega Haggith al quotidiano Th Independent (che per primo ha diffuso la notizia, ndr), ”che riesce a rappresentare anche la speranza”.