Non tutti i comandanti dei vigili urbani conoscono Nino Ferrer, né rammentano quella sua canzone in cui si richiamava l’attenzione di un “mister Brown” con la pelle nera.
Non tutti i responsabili della polizia municipale hanno grande dimestichezza con Twitter e qualcuno di loro non ha ben presente portata e controindicazioni di social network e sistemi di messaggistica istantanea erga omnes.
Non tutti i lettori hanno capito cosa stia blaterando chi scrive, nel riavviare un blog rimasto inerte per qualche mese. Li capisco. Comprendo sgomento e fastidio e metto un po’ d’ordine.
Qualche tempo fa il numero uno dei “pizzardoni” (così in loco sono storicamente identificati gli agenti della Polizia di Roma Capitale) ha lanciato una sfida alla sosta selvaggia per le strade della città, invitando gli abitanti a twittare ogni elemento utile per punire chi avesse parcheggiato in doppia fila, ostruito uno scivolo per disabili, occupato uno spazio riservato e così a seguire. Lo strumento della delazione – vestito come appello ad un senso civico in realtà non così diffuso – si è profilato come integratore di una presunta inefficienza delle convenzionali pattuglie impiegate sul territorio.
Non si sa cosa sia potuto succedere, né quale sia stato il beneficio dell’operazione. Chi ha mai provato a telefonare ai vigili per vedersi liberare da qualche vettura che ha bloccato il passo carrabile o la propria auto in sosta regolare, spesso ha dovuto fare i conti con croniche carenze di organico che innescano ritardi di intervento non lontani dal veder scaduti i termini per sottoporre a revisione il veicolo a disposizione.
Il timore di incursioni goliardiche non ha frenato la crociata su Twitter. Forse la gente ha perso anche la voglia di scherzare e quindi nessuno si è sognato di bombardare il social network con le targhe di vicini antipatici, amanti traditori, politici invisi, ma il rischio di “inquinamento” rimane alto.
Dall’altra parte dell’oceano – e qui riappare gorgheggiante Nino Ferrer – c’è chi ha optato per cinguettii… contromano. Non sono i cittadini a scrivere agli “sbirri”, ma il capo della polizia a rivolgersi alla popolazione.
E’ capitato a Dallas, dove il comandante David O. Brown ha scelto di annunciare il licenziamento dei suoi poliziotti scorretti utilizzando Twitter, così da rendere edotto il quisque de populo che chi sbaglia paga anche se indossa un’uniforme.
Il davvero multimediale Brown ha ritenuto di sfruttare a pieno le possibilità offerte da Internet, scegliendo di adoperare Facebook (e i suoi spazi meno angusti dei 140 caratteri di un tweet) per fornire spiegazioni sull’accaduto, mettere a disposizione dettagli e motivazioni.
Il 30 dicembre scorso il comandante Brown ha eliminato cinque agenti e un operatore della sala operativa del numero di emergenza 911. Senza far sconti a nessuno, l’ufficiale ha affidato alla Rete la divulgazione delle rispettive circostanze.
David O. Brown non è nuovo a performance di “trasparenza amministrativa” perché già nel febbraio del 2011 aveva condannato l’uso ingiustificato della forza da parte di personale del proprio Comando pubblicando un video su Facebook.
A rileggere questa storia ci si domanda cosa succederebbe mai se il comportamento di questo Brown fosse mai contagioso e sbarcasse dalle nostre parti.
Che fine farebbero tutti quelli che confidavano in un telefonino per registrare e condividere online prevaricazioni scorrettezze di chi dovrebbe invece tutelare il cittadino? La recente puntata di Presa Diretta del bravissimo Riccardo Iacona sarebbe andata in onda con video istituzionali? Milena Gabanelli, Sigfrido Ranucci e la banda di Report rimarrebbero disoccupati?