L'amministratore delegato dell'impresa Steda di Bassano del Grappa è tra le otto persone indagate nell'ambito dell'inchiesta sulla ricostruzione in Abruzzo. A San Felice sul Panaro, Novi, Rovereto e Mirandola ha provveduto alla consegna di moduli abitativi temporanei
Ha fornito anche i container per i terremotati dell’Emilia, committente lastruttura commissariale Regione Emilia-Romagna, la Steda di Bassano del Grappa, il cui amministratore delegato, Daniele Lago, è tra le otto persone indagate nell’ambito dell’indagine sulla ricostruzione post sisma dell’Aquila. Indagine che mercoledì 8 gennaio ha portato alla luce l’esistenza di un sistema di tangenti radicato nel tempo e nel territorio, che vede come protagonisti alcuni imprenditori interessati alla ricostruzione che, in cambio di denaro e moduli provvisori abitativi forniti a funzionari pubblici, ricevevano appalti per la messa in sicurezza di edifici danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009, 308 vittime e 10 miliardi di danni. Nonché il vicesindaco del capoluogo abruzzese Roberto Riga, all’epoca assessore all’urbanistica, che ha rassegnato le dimissioni.
La Steda, come riporta il sito web dell’azienda, e come riferisce la Gazzetta di Modena, non ha lavorato, infatti, solo a L’Aquila. All’Emilia terremotata ha fornito i map, i moduli abitativi provvisori, destinati agli abitanti sfollati di Novi di Modena e Rovereto, quelli che a L’Aquila, secondo l’ipotesi degli inquirenti, sarebbero stati utilizzati come tangente, container a scopo rurale, l’edificio scolastico temporaneo che ospita l’asilo nido Montessori di San Felice sul Panaro e la scuola elementare Dante Alighieri di Mirandola, realizzata in acciaio per sostituire la struttura danneggiata dai fenomeni sismici del maggio 2012. Nella frazione di Massa, poi, la Steda ha vinto il bando regionale per la realizzazione di una palestra, un appalto del valore di oltre 1 milione di euro, come riportano i documenti pubblicati sul portale della Regione Emilia-Romagna.
“I cantieri avviati con la Steda – fanno sapere dalla struttura commissariale coordinata dal commissario alla ricostruzione Vasco Errani – si sono tutti conclusi e con l’azienda non abbiamo contestazioni in corso”. Tuttavia la lista di debiti che l’azienda si è lasciata alle spalle, debiti non pagati e contratti con tante piccole e medie imprese locali e terremotate “per diversi milioni di euro” precisano i tecnici, di difficoltà ne hanno create parecchie.
“Gli affidamenti in questione vennero effettuati dal commissario Errani tramite procedure di evidenza pubblica – ricostruisce la struttura emiliano romagnola – le prime gare la Steda le ha vinte a luglio 2012, e in quel momento l’azienda aveva tutti i requisiti per partecipare, compresi quelli necessari all’iscrizione alla white list”. L’elenco, cioè, di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, introdotto con il decreto legge 174/2012 per stabilire chi può accedere alle gare d’appalto pubbliche e private nei territori interessati da eventi calamitosi, e chi no, per il quale è necessaria un’informativa della prefettura. I problemi sono iniziati nel 2013, in concomitanza con l’appalto per la palestra della frazione di Massa: “La Steda, in difficoltà economiche probabilmente dovute anche a ciò che sta emergendo ora dalle indagini, ha smesso di pagare i fornitori e di conseguenza noi abbiamo interrotto i pagamenti – spiegano dalla struttura commissariale – successivamente l’azienda è andata in concordato preventivo, ha affittato il ramo d’azienda e abbiamo concluso la palestra con un’altra impresa”.
“Di quanto emerso dalle indagini – precisano i tecnici della Regione – il presidente Errani non era ovviamente informato, anche perché altrimenti non avremmo accettato di lavorare con la Steda”. Già nel 2013 la commissione aveva rifiutato un’offerta della società, che voleva partecipare al bando per la ricostruzione della biblioteca di Mirandola, giudicandola “anomala”, “troppo al ribasso”. “Della vicenda che riguarda L’Aquila non conosco i dettagli – spiega al fattoquotidiano.it anche l’assessore alle Attività Produttive Gian Carlo Muzzarelli – tuttavia ci siamo già attivati e la situazione è monitorata. Sulla legalità stiamo cercando di seguire con molta attenzione ogni passaggio”.
La questione, però, restituisce vigore alla polemica sui moduli abitativi provvisori sollevata dai terremotati emiliani, costretti a vivere nei container tra topi, fango e consumi così alti da far lievitare i costi delle bollette Enel. “La fretta non solo ha fatto sì che si comprassero dei container scadenti e non coibentati – critica Andrea Defranceschi, consigliere regionale a 5 Stelle – ma a quanto pare anche da un’azienda già esperta nel rifilare baracche da campo al posto di abitazioni provvisorie. Ma come: ricostruzione all’insegna della trasparenza e della legalità, e poi affidano mezzo cratere a un’impresa che, a quanto pare, pagava tangenti?”.
Secondo l’inchiesta, che ha portato all’arresto di quattro persone con l’accusa di millantato credito, corruzione, falsità materiale e ideologica, e appropriazione indebita, Pierluigi Tancredi, dirigente dell’Asl nonché ex assessore comunale e all’epoca dei fatti consigliere comunale per il recupero e la salvaguardia del dei beni costituenti il patrimonio artistico della città, Vladimiro Placidi, assessore comunale alla Ricostruzione dei beni culturali dopo il terremoto nel primo mandato del sindaco, Massimo Cialente, nonché direttore del Consorzio dei beni culturali della Provincia dell’Aquila, Daniela Sibilla e Pasqualino Macera, ex funzionario responsabile Centro Italia della Mercatone Uno Spa, i reati contestati risalirebbero al periodo 2009 – 2011. A dare avvio alle indagini la condotta indebita di un imprenditore veneto a caccia di appalti sulla ricostruzione aquilana coinvolto poi nel giro di corruzione che interessava anche alcuni amministratori pubblici che, secondo la polizia, intendevano approfittare dell’emergenza. Le tangenti elargite a tali funzionari, secondo gli inquirenti, ammontano a 500.000 euro, a cui si somma l’appropriazione indebita di 1.268.714 euro da parte di alcuni indagati.