Con l'addio di Aly Larrayed si risolve la crisi politica che si era aperta a luglio dell'anno scorso con la reazione popolare all'omicidio di Mohamed Brahmi. E' stato intanto introdotto nella nuova Costituzione il concetto della parità tra uomo e donna
Si sta effettivamente risolvendo solo ora, con le dimissioni effettive e definitive del governo guidato dall’esponente di Ennahda, Aly Larrayed, la crisi politica che si era aperta in Tunisia a luglio dell’anno scorso con la reazione popolare all’omicidio dell’esponente di sinistra Mohamed Brahmi. Entra in carica il nuovo governo di transizione formato da indipendenti guidato dal ministro dell’Industria uscente, Mehdi Jomaa. Una candidatura, quella di Jomaa, prevalsa un po’ fortuitamente dentro una confusa e lunghissima trattativa che ha visto come protagonisti, tra i partiti di governo e quelli di opposizione, le forze sociali del cosiddetto quartetto, ovvero Confindustria, sindacato Ugtt, Lega per i Diritti dell’Uomo e Ordine degli Avvocati (sic). E’ stata una donna, la presidente di Utica (confindustria) Bouchamaoui, a indicare Jomaa, per sbloccare un impasse che aveva visto succedersi candidature di anzianissimi ex collaboratori del padre della patria Bourguiba.
La situazione si è sbloccata perché doveva sbloccarsi; già prima dell’estate Ennahda, il partito islamista vincitore delle elezioni dell’ottobre 2011 aveva annunciato la disponibilità a cedere il potere a un governo indipendente di transizione fino alle elezioni. Ma ogni settimana, ogni giorno si trovava qualche motivo o qualche pretesto per rallentare, anche perché il passaggio era condizionato a un accordo preventivo sulla Costituzione e sull’Alta Istanza per le elezioni. Negli ultimissimi giorni però a mettere fretta a trovare una soluzione è stato un fattore imprevisto, anche se non imprevedibile. Una nuova ondata di proteste popolari che nelle cittadine del Sud e dell’ Ovest ha preso le forme di una ribellione contro la legge finanziaria 2014 e in particolare contro l’aumento del bollo per tutti i veicoli, camion e trattori compresi.
“Si tratta solo di aumenti tra i 25 e i 35 dinari, (tra i 14 e i 18 euro) non credete alle voci”, ha cercato di spiegare il ministro delle Finanze. ma è stato inutile. A questo punto il primo ministro Larrayed e il suo partito Ennahda hanno deciso di togliersi rapidamente da una posizione che li aveva fatti diventare il capro espiatorio del disagio economico, hanno annunciato la sospensione degli aumenti e nel pomeriggio del 9 gennaio Larrayed ha rassegnato le dimissioni. All’Assemblea Nazionale conservano comunque la maggioranza e da lì dovrà passare la fiducia al nuovo gabinetto “tecnocratico” di Mehdi Jomaa.
La ritirata di Ennahda dal potere ha anche facilitato, grazie a un clima da “rompete le righe” l’adozione di uno degli articoli più avanzati della Costituzione, il numero 45, il secondo che tratta del tema uomo – donna. Mentre quello approvato ai primi di gennaio, che pure ha fatto il giro del mondo, non prevedeva contenuti innovativi rispetto allo Statuto delle donne tunisine, questo articolo 45 si presenta come più impegnativo, e infatti è passato nonostante le obiezioni di una parte dei deputati di Ennahda. ” Lo Stato si impegna alla protezione dei diritti acquisiti delle donne vigilando per proteggerli e promoverli. Lo Stato garantisce ugualmente l’uguaglianza delle possibilità tra l’uomo e la donna per assumere le diverse responsabilità in ogni campo.
Lo Stato opera per la realizzazione della parità tra l’uomo e la donna nelle assemblee elettive e prende le misure per assicurare lo sradicamento della violenza contro la donna”. L’umore popolare non è alle stelle nell’imminenza del terzo anniversario, 14 gennaio, della rivoluzione e dell’inizio della Primavera araba. La situazione economica è peggiorata per la grande maggioranza della popolazione. Negli ultimi mesi episodi di lotta armata integralista importata da Algeria e Libia hanno turbato un paese tradizionalmente pacifico. Ma intanto la Tunisia sta approvando una Costituzione in vari campi avanzata e gli islamisti cedono il governo senza che nessuno ricorra alla repressione e alla violenza. A differenza dell’Egitto.