Martedì ha indetto una conferenza stampa a New York. Ha ribadito che il quotidiano – lo stesso che ha vinto il Pulizer per aver indagato sugli affari di famiglia dell’ex premier cinese – dovrebbe coprire la Cina in maniera “più realistica e oggettiva”. Ha cantato: “Il mondo intero sarà testimone del mio ‘sogno cinese” – canzone di cui è autore – e ha preparato il colpo di scena.
Ha presentato alla platea di giornalisti due donne che si erano date fuoco in piazza Tian’anmen nel 2001. Protestavano contro la stretta governativa sugli accoliti della religione Falun Gong, bandita dal governo cinese. Chen ha promesso di pagar loro una chirurgia plastica che un sit-in di praticanti della religione ha definito “uno strumento di propaganda”.
Chen, che con un patrimonio di oltre 800 milioni di dollari si posiziona tra i 400 uomini più ricchi della Cina, è sempre stato un asso nell’auto-promozione. La sua agiografia lo vuole nato nel ’68 da una famiglia poverissima (due dei suoi fratelli sarebbero morti di stenti). A dieci anni avrebbe cominciato a vendere acqua e ghiaccioli ai contadini. Con i soldi guadagnati si sarebbe pagato l’università. All’inizio degli anni ’90 era già passato ai cantieri edili e al settore immobiliare. Poi c’è stata la costruzione della sua carriera da benefattore e l’appoggio incondizionato della leadership.
Nel 2008 ha prestato i propri mezzi e la propria passione alle zone terremotate del Sichuan (70mila vittime accertate) ed è diventato l’esempio della filantropia con caratteristiche cinesi. Esattamente un anno fa, nel pieno delle polemiche per i livelli d’inquinamento atmosferico raggiunti dalle città cinesi, ha venduto lattine di aria fresca ai suoi concittadini. I proventi andavano in beneficenza ma sull’involucro campeggiavano il suo faccione stilizzato e uno slogan: “Chen Guangbiao è un brav’uomo”.
Oggi vuole un quotidiano statunitense. Ha calcolato che il suo valore non supera il miliardo di dollari (in realtà il Nyt è quotato al doppio) e sostiene anche di aver già convinto un imprenditore a investire 600 milioni nel progetto. “Posso essere considerato un anticonformista – ha scritto sul Global Times – ma questa non è una barzelletta”.