Un nome nuovo, forse anche sede nuova, rientro di tutti gli operai dalla cassa integrazione. Questo è il ritratto dell'azienda che disegna l'amministrazione delegato in un'intervista al quotidiano Repubblica. "In America il cambiamento piace, non come da noi", spiega l'amministratore delegato
Sergio Marchionne traccia il futuro di Fiat, dopo l’operazione che le ha permesso di acquisire il 100% di Chrysler. Fusione a breve, riattivazione a pieno degli impianti italiani, rientro di tutti gli operai dalla cassa integrazione: questo è il ritratto dell’azienda che disegna l’amministrazione delegato in un’intervista al quotidiano Repubblica. Un quadro che non sembra convincere però sindacati e lavoratori, dopo le promesse non mantenute di investimenti negli stabilimenti del nostro Paese.
Il primo passo verso il nuovo Lingotto sarà quindi, stando alle parole del manager, quella fusione che avverrà “spero subito, con l’approvazione del dividendo Chrysler di 1,9 miliardi”. La nuova società sarà quotata “dove c’è un accesso più facile ai capitali. Il mercato più fluido è quello di New York, ma deciderà il consiglio d’amministrazione”. La sede sarà decisa “in base alla scelta di Borsa”, ma ha “un valore puramente simbolico, emotivo”. L’acquisizione di Chrylser, agli occhi dell’ad, sarà “tutt’altro che un danno per l’Italia”: “Questa operazione ha permesso la sopravvivenza dell’industria italiana in un mercato dimezzato. Ora possiamo ripartire con reti e basi più forti”. E il merito andrebbe cercato negli Usa. “L’America ha creduto nelle nostre idee e ci ha aperto le porte”, spiega Marchionne. “Lì, a differenza che da noi, il cambiamento piace. La cura ha funzionato e il mercato è ripartito prima del previsto”.
Ma il punto centrale rimangono gli stabilimenti nel nostro Paese. “Mi impegno: saranno riattivati in pieno tutti gli impianti italiani – spiega Marchionne -. A Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati. A Melfi le 500 X e piccole Jeep. A Pomigliano le Panda. A Cassino il rilancio dell’Alfa”. In particolare, lo stabilimento laziale è al centro della nuova strategia del Lingotto. “Usciremo dal ‘mass market’ – pochi clienti e tanti concorrenti – per andare nella fascia Premium con Alfa e Maserati. Cassino strutturalmente e per capacità produttiva è lo stabilimento più adatto al rilancio Alfa Romeo. La vera scommessa è utilizzare tutta la rete industriale per produrre il nuovo sviluppo dell’Alfa, rilanciandola come eccellenza italiana”, afferma Marchionne.
Il risultato del rilancio degli stabilimenti sarà, nella visione del manager italo-canadese, che “tutti i lavoratori” degli stabilimenti italiani rientreranno dalla cassa integrazione. A una condizione: che non crolli ancora il mercato. E, ovviamente, bisognerà aspettare che “il piano sia a regime”. Insomma, per vedere realizzati gli ennesimi annunci dell’ad del Lingotto, i lavoratori dovranno avere pazienza. Una pazienza che è sempre più agli sgoccioli: mentre Marchionne festeggia, gli operai licenziati dell’indotto di Termini Imerese hanno occupato l’autostrada A19. Per altro, la proposta di Marchionne non convince Maurizio Landini, segretario della Fiom. “Produrre in Italia solo auto del segmento del lusso non garantisce occupazione“, sostiene il leader sindacale. “E sul progetto di rilancio dell’Alfa Romeo non vorrei che fosse un progetto fantasma, come gli stabilimenti”. Il collega della Uil Rocco Palombella parla invece di “una buona notizia”, ma sottolinea come è da sei anni che i lavoratori aspettano frasi simili da Marchionne: “Adesso ci aspettiamo nel piano di aprile che ci sia realmente un rilancio e soprattutto ci siano gli investimenti sui vari stabilimenti”.
Un piano di investimenti necessita, però, di una sicurezza finanziaria che Fiat, in questo momento, non sembra garantire. Nei giorni scorsi, era stata Moody’s a lanciare l’allarme, minacciando il downgrade per i tanti debiti e la scarsa liquidità. Sulla questione insiste anche il senatore Pd Massimo Mucchetti, che in un’intervista a Il Giornale spiega: “A Marchionne chiederei come pensa di migliorare la situazione finanziaria di Fiat-Chrysler, che oggi paga interessi molto pesanti che assorbono gran parte del margine industriale. Una solida struttura finanziaria è la conditio sine qua non per una reale politica d’investimenti, in particolare in Italia”. Ma l’amministratore delegato ostenta sicurezza, dicendo di non essere preoccupato dai debiti e ricordando che “nel 2007 arrivammo a zero debiti, prima che scoppiasse quel bordello nei mercati”.