Il ministero dell'Interno indiano deve decidere se - e secondo quali leggi - concedere alla polizia investigativa l'autorizzazione a perseguire i fucilieri Latorre e Girone. Per la stampa indiana, il ministero si appresta a dare il via libera, utilizzando una norma che prevede la pena capitale. Il governo si dice "impegnato con la massima determinazione" sul caso. De Mistura: "Sarebbe inaccettabile"
Si riaffaccia l’ipotesi di pena di morte per i due marò italiani trattenuti in India. E la notizia mobilita inevitabilmente i vertici della politica nostrana. A Palazzo Chigi si è tenuto un vertice tra il premier Enrico Letta, il ministro degli Esteri Emma Bonino e il Guardasigilli Annamaria Cancellieri. Il governo indiano “dia senso concreto alle assicurazioni fornite” sulla vicenda dei marò, “in caso contrario il governo italiano si riserva di assumere, in ogni sede, tutte le iniziative necessarie“, si legge in una nota diffusa al termine dell’incontro. New Delhi infatti aveva garantito all’Italia che i due fucilieri non avrebbero rischiato la pena capitale. “Il governo italiano è impegnato con la massima determinazione” su questo caso, prosegue il comunicato, e “resterà a fianco dei marò e delle loro famiglie fino a che avremo raggiunto l’obiettivo di riportarli in Italia”.
A mettere in fibrillazione la macchina diplomatica del nostro Paese sono state le indiscrezioni riportate della stampa indiana. Secondo il quotidiano Hindustan Times, la polizia sta per ricevere il via libera da parte del ministero dell’Interno per presentare un rapporto sulla vicenda, utilizzando una legge – il Sua Act – per la repressione della pirateria che prevede la pena di morte. Il giornale, citando un alto responsabile governativo che ha chiesto di non essere identificato, sostiene che al riguardo “c’è accordo” fra i ministri del governo. Ma su questa circostanza, la stampa indiana non è concorde. Il Mail Today cita un’altra fonte del ministero, che riferisce: “Non possiamo dare una autorizzazione alla Nia (la polizia investigativa, ndr) per l’incriminazione fino a quando non riceveremo un parere legale che stiamo aspettando”.
Sollecitato a rispondere alle indiscrezioni della stampa, il ministro dell’Interno indiano Shushil Kumar Shinde ha spiegato che nessuna decisione sul modo di proseguire il processo nei confronti dei Fucilieri di Marina italiani è stata ancora presa, ma lo “sarà fra due o tre giorni“. Il 9 gennaio, il tema era stato discusso in un incontro tra i titolari dell’Interno, della Giustizia e degli Esteri. Quest’ultimo, Salman Khurshid, aveva ricordato al collega degli Interni che l’India ha dato assicurazione all’Italia che la vicenda dei marò “non rientra nei casi in cui si può applicare la pena di morte”. Nella stessa direzione andava la sentenza del 18 gennaio 2013 della Corte Suprema, che aveva indicato i quattro strumenti e leggi da prendere in considerazione per il processo, tra cui non figura il Sua Act.
Intanto, Staffan De Mistura, inviato del governo per il caso marò, ha affermato che se l’India decidesse di ricorrere al Sua Act, la legge antipirateria che prevede anche la pena di morte, sarebbe “inaccettabile” e “noi nel caso prenderemmo le nostre contromisure”. Sulla questione è intervenuto anche il ministro della Difesa Mario Mauro: “E’ evidente che la campagna elettorale in India si sta avvicinando in modo prepotente. Il governo italiano mostrerà sui Fucilieri di Marina la necessaria inflessibilità”.