Caro ministro Carrozza, spero che i miei ex alunni, oggi alla scuola secondaria di secondo grado, non abbiano letto le sue dichiarazioni all’indomani dei fatti accaduti in merito agli scatti. Di là dalla paradossale vicenda mi sono parse ancora più gravi le dichiarazioni che lei e Fabrizio Saccomani avete fatto per trovare una giustificazione ad una scelta cieca e assurda.
Ai miei alunni insegno il senso di responsabilità, il dovere di compiere il proprio compito di cittadini senza dimenticare che ogni loro azione coinvolge il vicino di banco. Ho insegnato loro a non essere indifferenti di fronte a chi compie un’ingiustizia, a denunciare chi usurpa un diritto. Son solito dire: “Se vedete uno che butta dei rifiuti in un campo non voltatevi dall’altra parte ma chiamate i vigili”.
In Italia due ministri della Repubblica, invece, compiono un errore ai danni di ottanta mila persone, ignare di quanto sta accadendo e si gioca allo scaricabarile.
Lei, cara Carrozza, ha dichiarato: “Non cerco responsabilità e non mi interessano i botta e risposta. La responsabilità è condivisa (…). Sono stata informata solo a cose fatte. C’è stata una catena decisionale di cui non ho avuto contezza”. Il suo collega Saccomani ha rincarato la dose con dichiarazioni di questo genere: “C’è stata un’eccessiva drammatizzazione per un problema tecnico”.
Ma quale drammatizzazione! Com’è possibile che due ministri della Repubblica non si parlino prima di prendere un provvedimento di questo genere? Com’è potuto accadere che tra un dicastero e l’altro dove lavorano centinaia di uomini e donne, con dirigenti stra-pagati, non vi sia stata comunicazione? In questa vicenda c’erano di mezzo le esistenze di persone che guadagnano 1300 euro al mese: è intollerabile sentire parlare di “eccessiva drammatizzazione”. E’ ancor più intollerabile non individuare i responsabili di tali provvedimenti.
Il vero dramma è che in Italia può accadere qualsiasi cosa sulla testa dei docenti e nessuno scende in piazza: siamo ormai abituati a tutto, anestetizzati da governi dove nessuno mai si dimette.
Io, caro ministro, voglio continuare ad insegnare ai miei ragazzi a essere uomini giusti, responsabili, capaci di ammettere i propri errori. Voglio perseverare nell’indicare loro la strada che li porterà un giorno ad essere dei medici, degli ingegneri o degli operai intellettualmente onesti che sapranno cercare le responsabilità di fronte ad un’operazione chirurgica sbagliata o ad un progetto errato.