Non solo Dante e Manzoni. Abbiamo chiesto ai nostri lettori quali letture "obbligatorie" vorrebbero nei programmi di studio. Quello che ne esce è una voglia di rinnovamento che non cancella i classici. Tra i più citati, oltre agli autori di "1984" e "Scritti corsari", Tomasi di Lampedusa e Primo Levi. Ma anche De Andrè e De Gregori
Tra i banchi di scuola, come lettura obbligatoria, potrebbero arrivare don Milani e Orwell, Galileo e Lorenz, Dario Fo e De Andrè, Primo Levi e Pasolini, Saviano e Travaglio. E la Costituzione della Repubblica italiana. Ma l’ansia di rinnovamento non cancella i classici, da Platone a Tomasi di Lampedusa. Sono i suggerimenti dei lettori di ilfattoquotidiano.it che hanno raccolto il nostro invito a indicare – in calce al sondaggio su “la scuola che vorrei” ispirato a quello che sta per lanciare il minsitro Carrozza – i testi che vorrebbero vedere inclusi nei programmi ministeriali. Quanto al sondaggio, le risposte pervenute sono oltre 5mila.
Tra gli autori più citati c’è sicuramente George Orwell, e in particolare “1984”, “nella speranza che comprenderlo serva a scongiurarlo”, dice per esempio Reyel Rhode. E chissà che il parallelo con i corsi e ricorsi della politica italiana non abbia invece ispirato i tanti supporter di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e del suo “Il Gattopardo” (“Tutto cambia affinché nulla cambi”). Un libro che inoltre, dice Orco Messina, “aiuta a capire come la storia del risorgimento che ci viene raccontata sia un’impostura”. Molto citato, oltre al “Principe” di Machiavelli, anche Primo Levi, in particolare “Se questo è un uomo”, per ricordare la tragedia dell’Olocausto in un momento in cui “spinte secessioniste, nazionaliste e totalitariste presenti in molti paesi europei”, sottolinea Paolo Tomassini.
E se questi sono testi che nella scuola italiana vengono certamente già letti, non è affatto scontato che lo siano altri autori contemporanei segnalati dai nostri lettori. Primo fra tutti Pier Paolo Pasolini, in particolare con gli “Scritti corsari” (“purtroppo so già che è pura utopia proporlo, ma ci provo”, azzarda Gigi Savadori). Qualcuno suggerisce anche “Petrolio”, che però altri giudicano “oscuro” e fuori dalla portata di un liceale. Né mancano citazioni per Umberto Eco, in particolare per “Il nome della Rosa”. Che, scrive Annalex, “finalmente spiega il Medioevo in un modo bellissimo”. E la poesia italiana è fatta anche da Fabrizio De Andrè (“ospite” delle antologie scolastiche già da qualche decennio) e Francesco De Gregori, osserva per esempio Gal. Meno attese le citazioni guadagnate da “Due di due” di Andrea De Carlo.
Poi c’è chi vorrebbe ancorare i programmi ministeriali a una più solida cultura scientifica. Molti i “promotori” dei testi di Galileo Galilei, a partire dal “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, ma c’è chi vede con favore l’introduzione di “L’anello di re Salomone”, il testo base dell’etologia scritto da Konrad Lorenz, e “Il gene egoista” di Richard Dawkins, “Chiesa cattolica permettendo”, commenta ReKing. Nella saggistica, guadagnano nomination ministeriali tra gli altri “Il secolo breve” di Hobsbawm e “Armi, acciaio e malattie” di Jared Diamond. C’è spazio anche per la scienza “militante”, soprattutto per l’ecologista Jeremy Rifkin.
E l’attualità? Sono diverse le opere giornalistiche ritenute meritevoli di essere studiate perché i ragazzi comprendano l’Italia (e non solo) di oggi. Roberto Saviano è citato naturalmente per “Gomorra”, ma anche per “Zero zero zero”, che Antoniox, insegnante, propone in chiave di dibattito sull’uso della droga, argomento spesso trattato “con superficialità” anche dagli insegnanti. Citazioni anche per libri scritti da giornalisti del Fatto, come “Mani pulite” (Barbacetto–Gomez– Travaglio) e “L’odore dei soldi” (Travaglio-Veltri). Ma anche per Pino Aprile con “Terroni”. Varcando i confini e i temi nazionali, Daniele propone “L’altro” di Kapuscinsky.
Infine, obbligatorio o meno, va fuori dagli schemi la proposta di Domenico Rosati, che nelle scuole italiane diffonderebbe il discorso di Steve Jobs del 2005 davanti ai neolaureati di Stanford, “molto significativo anche sul senso del percorso scolastico”.