Il Corriere della Sera, il primo quotidiano italiano, vanta centinaia di giornalisti. Eppure da via Solferino non hanno inviato nemmeno un giovane alle prime armi in quel di Benevento per seguire il caso De Girolamo. Anche La Stampa di Torino e La Repubblica (a parte una toccata e fuga della brava collega Conchita Sannino che ha subito scritto articoli interessanti e documentati) hanno fatto questa scelta. Così Vincenzo Iurillo, il collaboratore de il Fatto Quotidiano che ha portato alla luce intercettazioni e verbali tanto inediti quanto interessanti, da una settimana ormai si aggira solo tra uffici di Asl, ospedale, procura e caserma della Guardia di Finanza di Benevento.
Eppure ci sarebbe tanto da fare. Ci vorrebbero tanti giornali per riscontrare cosa è accaduto di tutti i sogni di grandezza e di tutte le mire di potere enunciate dal deputato del Pdl Nunzia De Girolamo nel luglio 2012 durante un incontro (registrato clandestinamente) con i vertici dell’Asl di Benevento e i suoi collaboratori. Ci vorrebbero tanti giornali per scavare a fondo nel sistema di potere dell’attuale ministro dell’agricoltura, nonché moglie di Francesco Boccia, un uomo chiave nel Pd, appena passato dalla corrente di Letta a quella di Renzi.
Se i grandi inviati dei grandi giornali abbandonassero casi senza dubbio importanti come quello del finto 007 Paolo Oliverio e si dedicassero alle parole e agli atti di un ministro della Repubblica, ne trarremmo giovamento tutti.
Il piccolo Fatto Quotidiano, che può contare su un decimo dei mezzi dei blasonati rivali, è riuscito a svelare molte cose del sistema di potere messo in piedi da Nunzia De Girolamo ma c’è ancora tanto da scoprire. Proviamo a offrire una traccia di lavoro per convincere i direttori de il Corriere della Sera, de La Stampa, del Tg1, 2 e 3, 4 e 5 fino al 7, più i talk nazionali, che finora hanno ignorato il caso.
Tanto per cominciare c’è da lavorare a fondo sull’appalto da 12 milioni del 118. Il deputato Nunzia De Girolamo nel luglio 2012 chiedeva ai vertici dell’Asl, in un incontro a casa del padre, se fosse possibile l’affidamento diretto e l’attuale vicecapo di gabinetto del ministro dell’agricoltura, l’avvocato Papa, parlava di “by-passare la gara”. Il direttore sanitario dell’Asl, Felice Pisapia, ha raccontato al pm che il medesimo Papa voleva i capitolati in anticipo e che ‘la committente’ di questa operazione era proprio Nunzia De Girolamo.
Poi bisognerebbe lavorare sul territorio per capire se davvero i presidi sanitari fossero localizzati in alcuni paesi solo per assecondare le mire politiche di Nunzia De Girolamo, non in ragione delle esigenze dei malati. Per non parlare delle nomine nelle commissioni sanitarie usate come fossero merce di scambio per ottenere consenso. O della società favorita perché sponsorizzava il congresso del Pdl o di quella sfavorita perché legata al partito del ‘rivale’ Mastella.
Ancora, bisognerebbe appurare se il bar aperto all’interno dell’ospedale Fatebenefratelli dallo zio del ministro, dopo le pressioni del ministro sui frati proprietari delle mura, sia abusivo. E capire se i frati siano stati poco attenti alle procedure per “accelerare” la pratica, come chiedeva Nunzia De Girolamo insistendo al punto da invocare i controlli dell’Asl sull’ospedale per far capire chi comanda.
E poi bisognerebbe capire se sia solo un caso che i Nas abbiano fatto chiudere il bar dell’ospedale, gestito dal fratello rivale dello zio, nel novembre del 2012, cioè quattro mesi dopo quel colloquio nel quale Nunzia De Girolamo ordinava al direttore dell’Asl di inviare i controlli sull’ospedale.
Poi bisognerebbe capire se davvero la multa per migliaia di euro all’amico di Nunzia de Girolamo, titolare di un negozio di mozzarelle di bufala, non sia stata più notificata dall’Asl, come i collaboratori di Nunzia De Girolamo avevano chiesto ai dirigenti della Asl stessa in quel famoso colloquio a casa del padre di Nunzia De Girolamo.
Certo, tutte queste vicende sono state raccontate nel dettaglio da il Fatto Quotidiano e ignorate dai grandi quotidiani, con la parziale eccezione di Repubblica, che ha cercato di recuperare il ritardo schierando una cronista di razza come Conchita Sannino.
Gli unici pezzi dedicati al caso da parte de il Corriere della Sera sono quelli a firma di Aldo Grasso e Fabrizio Roncone. Non pervenuti i cronisti di giudiziaria come Fiorenza Sarzanini o Giovanni Bianconi. La scelta di via Solferino sembra quella di ironizzare sul linguaggio colorito, senza informare in modo completo i lettori.
Il risultato è una lesione del principio ‘conoscere per deliberare’. I lettori del Corriere sono indotti a credere che un gruppo di pazzi (i soliti grillini) stia meditando la mozione di sfiducia per qualche parolaccia registrata abusivamente in un colloquio casalingo. La catena di trasmissione che permette agli elettori di controllare gli eletti, grazie alla stampa, si è inceppata. I lettori dei grandi quotidiani non sono stati informati a dovere su appalti, affari, capitolati, affitti di azienda, favori e pressioni varie.
E, come sempre accade, i direttori dei telegiornali pubblici, hanno avuto un alibi per non informare i cittadini che pagano loro lo stipendio su quanto va combinando e dicendo un ministro della Repubblica. I telegiornali avrebbero dedicato almeno un servizio al caso se anche Il Corriere e La Stampa, come ha fatto oggi Repubblica, avesse aperto il giornale sulle carte inedite. Le intercettazioni e i verbali già pubblicati dal Fatto sono a disposizione sul sito integralmente eppure non sono mai stati portati a conoscenza dei lettori degli altri quotidiani. In compenso oggi tutti hanno letto per esteso le repliche del ministro e le sue scuse sui “toni sbagliati”. Sarebbe stata possibile una simile ridicola risposta se quello che Il Fatto ha raccontato sul bar dello zio, l’appalto del 118 e i controlli dell’Asl fosse stato pubblicato da tutti i media?
Grazie a questa sequenza di omissioni del dovere di cronaca dei grandi quotidiani e dei grandi telegiornali, il segretario del Pd Matteo Renzi e i maggiori esponenti del primo partito italiano sono potuti finora restare in silenzio di fronte allo scandalo. Così il ministro può rimanere al suo posto senza fornire una spiegazione. Non sulle parolacce, come vorrebbero far credere i grandi paraculi dei grandi quotidiani, ma sugli appalti, i controlli e i contratti.
Mario Missiroli in casi come questi diceva: “ci vorrebbe un giornale”. Non basta. Ci vorrebbero tanti giornali.