Sono state almeno un centinaio le persone arrivate alla biblioteca di Ozzano Emilia (Bo) alle dieci di mattina, di un undici gennaio grigio e umido da Val Padana, per ricordare Luigi Bernardi nel giorno in cui avrebbe compiuto 61 anni. L’autore di Macchie di rosso, e tra le tante cose anche blogger de ilfattoquotidiano.it, scomparso lo scorso 16 ottobre a Bologna, è rivissuto nel suo paese natale tra i ricordi e le parole di amici scrittori e fumettisti che con lui hanno attraversato e trottato a cavallo di fine secolo letterario per lasciare tracce difficilmente dimenticabili.

Pino Cacucci, Marcello Fois, Otto Gabos, Vittorio Giardino, Roberto Baldazzini, tra decine di altri, hanno affollato la sala comunale – assente giustificato l’infortunato Carlo Lucarelli – richiamando alla mente l’amico e collega che li ha scoperti, insultati, coccolati e pubblicati tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, dagli uffici di Granata Press in via Marconi 3 a Bologna, spesso prima che la macchina commerciale in serie dell’editoria italiana si rimangiasse penna, calamaio e portafoglio.

“Era lo spazio dove ragazzi sconosciutissimi potevano immaginare storie e racconti”, ha spiegato Marcello Fois, che esordì con la Granata Press di Bernardi nel 1992 con Ferro Rovente, “Luigi ti dava carta bianca ma era anche in grado di darti consigli che avrebbero avvantaggiato te prima di tutto. Ricordo che voleva pubblicare il mio romanzo d’esordio, ma disse di aspettare perché l’avevo mandato anche al premio Calvino e solo le opere non pubblicate potevano vincere. Attendemmo, vinsi il premio e poi alcuni mesi dopo mi pubblicò”.

Serio e folle, ruvido e diretto, Bernardi ha saputo scoprire e lanciare talenti, capendo dove il singolo avrebbe potuto dare di più, magari dopo un brusco prologo declinato sull’offesa sincera: “Avevo cominciato disegnando fumetti e scrivendo”, ha raccontato un commosso Cacucci, “e lui senza troppi preamboli me l’ha detto chiaramente: perché non scrivi soltanto?”.

Bernardi di fumetti ne ha letti e masticati subito tanti e quelli, paradosso dei paradossi, più adatti alla commerciabilità: fu il primo a lanciare in Italia i manga giapponesi ma anche quello che diede il là all’ispettore Coliandro, prima spigoloso personaggio Granata poi buffonesco gagà dei Manetti Bros: “Pochi mesi prima dell’uscita del fumetto – ha ricordato Onofrio Catacchio – avevo illustrato Nikita, un racconto di Carlo Lucarelli apparso sull’antologia dedicata agli scrittori noir bolognesi intitolata I delitti del gruppo 13 edita da Granata Press. Chiesi a Luigi se potevo farne dei fumetti utilizzando il personaggio di Coliandro come protagonista. Luigi pareva non aspettare altro e in capo a pochi giorni mi fece incontrare Lucarelli con il quale iniziammo subito il lavoro”.

Infine per Bernardi fondamentale è stata l’opera di traduzione di misconosciuti poi divenuti importanti autori noir (Malet, Manchette), che gli hanno trasmesso, o più semplicemente messo in risalto l’istinto che già soggiaceva, di affrontare con uno sguardo puro e duro l’epica delittuosa dell’omicidio quotidiano: Macchie di rosso o Il male stanco. E ancora: niente delitti ma ancora quella solida e inattaccabile purezza di sguardo con l’epopea del Gaijiin. “Odiava gli avverbi che finivano in –mente e sosteneva sempre che un sostantivo poteva sostituire un aggettivo qualificativo”, ha spiegato Patrick Fogli tra i sorrisi degli astanti.

Eppure nonostante il lancio coraggioso, la passione silenziosa e concreta dello scopritore, gli ultimi imperdibili romanzi di Bernardi hanno passato le forche caudine del rifiuto generalizzato: “Crepe ha subito 17 rifiuti”, ha ricordato Otto Gabos, oggi docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna, che ha anche annunciato la prossima uscita di inediti bernardiani. E per chi l’ha visto e per chi oggi non c’era, la chimera di un angolo tutto suo, magari dentro Sala Borsa a Bologna, tra tanti odiatissimi colleghi “sinceri democratici” come aveva raccontato a Cristiano Governa in un’intervista del 2012: “L’editoria è morta con Camilleri e Carofiglio”.

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