Se non fosse che la nave non è più inclinata e che – a sentire gli esperti – sarà portata via dall’isola del Giglio entro giugno, il secondo anniversario della Costa Concordia sembra non aver cambiato neanche di un millimetro la storia del naufragio del 13 gennaio 2012 che provocò 32 morti. C’è ancora il dolore e c’è ancora il cordoglio. La verità di allora è quella di oggi, anche se ci sono ancora la ricostruzione di Guardia Costiera e Procura di Grosseto e quella alternativa del comandante di quella nave, Francesco Schettino, che continua a dare la colpa agli altri ufficiali. Tutto è rimasto cristallizzato alla sera di due anni fa. Anche le cicatrici restano nella vita di chi è sopravvissuto: “Dimenticare è difficile” uno di loro all’Ansa, raccontando delle sedute dallo psicologo. Le parti civili ancora sottolineano che Schettino non è l’unico responsabile e che le colpe ce l’ha anche Costa Crociere. Una corona di alloro è stata gettata in mare davanti alla Concordia in memoria delle 32 vittime. La corona, con la scritta Comune Isola del Giglio, è stata depositata davanti alla prua della nave, dopo la benedizione del vescovo Gugliemo Borghetti dal sindaco Sergio Ortelli e da Beniamino Maltese, rappresentante di Costa Crociere. Insieme alla corona alcuni familiari delle vittime hanno voluto lanciare anche un mazzo di fiori in ricordo dei loro congiunti che due anni fa hanno perso la vita davanti a punta della Gabbianara. “E’ drammatico dover registrare naufragi della speranza – ha detto il vescovo di Pitigliano, Borghetti – ma è consolante vedere quali energie riescono a sprigionare. Nessuno dovrà mai dimenticare”.
Schettino: “Avevo ufficiali non all’altezza. Sono un capro espiatorio”
Schettino ha comunque espresso “profondo cordoglio” e “dolore indelebile per tutti noi”: il capitano non si è presentato all’udienza del processo che lo vede imputato per vari reati proprio nel giorno dell’anniversario della sciagura del Giglio. Meno formale, invece, il messaggio trasmesso attraverso un’intervista a Le Figaro: “Rimpiango soltanto di aver avuto ai miei ordini ufficiali che non sono stati all’altezza. “Tutti pensano che il comandante diriga una nave come si guida un autobus, un’automobile, una moto, un treno o un aereo. Ma il comandante agisce veramente solo quando fa la manovra per entrare o uscire dal porto. Tutto il resto, non esiste. Durante tutto il resto della navigazione, sono gli ufficiali designati che agiscono, altrimenti il comandante dovrebbe restare sveglio per cinque mesi! Di tutti questi ufficiali e di tutto questo personale, non so se per timore o per eccessivo rispetto, nemmeno uno mi ha avvertito di quello che stava succedendo veramente”.
Schettino aggiunge di non sentirsi un “capro espiatorio“: “Sono convinto che la verità si imporrà alla fine. Finora ho voluto assistere a tutte le udienze del processo, senza mancarne neppure una per spiegare quello che è davvero accaduto. Per me, il fatto di assistere sistematicamente è soprattutto un segnale di rispetto verso le vittime, ma anche nei confronti dei superstiti”. Il comandante dice di aver fiducia nella giustizia italiana: “Ho visto giudici disposti a capire quello che era successo senza condannarmi a priori. Sono convinto che la verità verrà a galla. Come volete che si condanni una persona che ha subito un naufragio? E perché non indagare anche su un armatore che ha costruito una nave con porte stagne che non funzionavano?”.
Il comandante all’udienza di convalida disse: “E’ stato un mio errore”
Certo, nei giorni successivi alla tragedia Schettino non la pensava proprio così: “E’ stato un mio errore – disse in un audio registrato durante l’interrogatorio davanti al gip e pubblicato dal sito del Corriere Fiorentino, dorso locale del Corsera – Non mi si può dire bravo”. Queste parole furono registrate durante l’udienza di convalida davanti al gip del 17 gennaio 2012. “Ero convinto che passando a 0.28 non ci fossero problemi”, dice uno Schettino sensibilmente stanco e prostrato: “Ho fatto un’imprudenza”. E ancora: “Dio me l’avrebbe mandata buona se non avessi messo il timone a dritta”. “Da comandante non posso nascondermi dietro un dito. Devo essere consapevole e assumermi la responsabilità di aver fatto un errore nautico”, dice Schettino che racconta anche l’origine dell’accostata al Giglio: “La settimana prima il maitre d’hotel che doveva sbarcare mi chiese se era possibile, visto che spesso accade che facciamo navigazione turistica. Mi disse ‘comanda’, visto che io devo sbarcare mi farebbe piacere se lei passa dal Giglio a salutare l’isola’. C’era cattivo tempo e gli dissi ‘la prossima volta lo facciamo’. E lui me lo ricordo quella sera, a sette giorni di distanza”. Dal ponte di comando, racconta ancora, “quando mi sono affacciato sulla prua mi resi conto che c’erano due scogli”. Nell’udienza è il procuratore Francesco Verusio a chiedere se, dopo l’urto, avesse dato disposizioni al personale e ai passeggeri. “Ho detto emergenza generale e abbandono nave”, dice il comandante. “Ma nessuno ha sentito la sua voce”, incalza il procuratore. “Ho delegato, l’ha fatto il comandante in seconda”, risponde Schettino che racconta anche di essere “caduto sul tetto della lancia”.
Il sopravvissuto: “L’anniversario? Accompagno mia moglie dallo psicologo”
Poi c’è chi errori non ne aveva fatti e aveva solo cominciato una crociera. Il giorno del secondo anniversario dalla tragedia Umberto Trotti lo ha passato dallo psicologo, dove ha accompagnato la moglie. La coppia è sopravvissuta al naufragio insieme ai due figli piccoli, tutti originari di Ferentillo (Terni). “Sto andando dallo psicologo – ha raccontato Trotti all’Ansa – perché ci devo portare mia moglie Fiorda che ancora non è riuscita a superare quello che ci è successo. La situazione è abbastanza pesante, per questo, usciti dallo studio dello specialista, la porterò a spasso e cercheremo di pensare a tutto tranne che al naufragio, il contrario di quanto fatto lo scorso anno. Ma dimenticare è difficile”. “Da viaggio di nozze, quella crociera – continua Trotti -, si è trasformata in un incubo. Mia moglie ha 24 anni ma ne dimostra 70, io mi sono dovuto fare forza anche per lei”.
Ma il “rancore” più grande che porta dentro, spiega, è “che dal processo a Grosseto non sia venuta ancora fuori la verità“. “Sulle scialuppe non ci facevano salire – sostiene -, ci dicevano o che erano troppo piene o che il settore non era il nostro. Abbiamo dovuto insistere e siamo saliti quasi sull’ultima barca di salvataggio, anche grazie a un’infermiera che ha dato il posto a mia moglie. Ed è in quei minuti concitati che abbiamo perso di vista Dayana, la piccola morta nel naufragio. Se a penso a tutto questo, credo che sia stato quasi un miracolo, qualcuno ha stabilito che quel giorno noi non dovevamo morire”.
I pm: “Accuse confermate dal processo”
Nel frattempo il procuratore Francesco Verusio dice l’esatto contrario di Schettino: “L’impianto accusatorio sta ricevendo una precisa conferma della sua bontà nella verifica dibattimentale”. E a chi gli chiedeva un commento all’intervista di Schettino, in cui quest’ultimo parlava di “equipaggio non all’altezza”, il procuratore ha risposto: “Ognuno fa la sua parte”.
Tra 10 giorni, tra l’altro, non solo i periti del tribunale e i consulenti delle parti, ma anche magistrati e avvocati saliranno a bordo della Costa Concordia per le operazioni peritali sul relitto, già disposte nelle scorse settimane dal tribunale di Grosseto. La richiesta è stata avanzata dal Codacons affinché il sopralluogo per la nuova perizia integrativa (su plancia di comando, ascensori e generatore diesel d’emergenza) abbia la presenza anche dei legali impegnati nel processo.Il giudice Giovanni Puliatti, presidente del collegio, ha invitato i legali a scegliere fra loro chi salirà sulla nave e ha specificato che gli avvocati, come i loro consulenti, potranno solo accompagnare i periti a bordo ma non svolgere alcuna attività, come fare foto o video.
Le parti civili: “Ma le colpe sono anche di Costa Crociere”
Ma fermarsi alle colpe di Schettino, secondo le parti civili, non è corretto: “Le responsabilità non sono solo del comandante Francesco Schettino, peraltro già appurate, ma anche di Costa Crociere, che ha responsabilità ben maggiori” ha detto l’avvocato Massimiliano Gabrielli di Roma, che assiste col pool “Giustizia per la Concordia” numerosi naufraghi. Tra i principali temi ricordati dal legale come esempio della responsabilità di Costa “tra i temi tecnici che stanno emergendo, primo fra tutti, è il tema della mancanza di sicurezza su queste navi. Si sta dimostrando in questo processo che gli impianti di emergenza che dovrebbe garantire la sicurezza dei passeggeri a bordo non hanno funzionato”. Tema inquietante due volte se si pensa che lo stesso si può dire è accaduto per la tragedia del Moby Prince.