La mail inviata a un boss da Pasquale Capano, imprenditore calabrese, già condannato per usura e indagato per intestazione fittizia di beni aggravati dall'aver agevolato la cosca Muto. A Capano, benché sconosciuto al fisco, erano riconducibili numerose società attive nel settore immobiliare, edile, alberghiero e diversi immobili per un valore di 50 milioni di euro
“L’amicizia è espressione di una frequentazione abituale, la fratellanza, rappresenta un legame…Proprio su questo principio (fondamento della filosofia massonica) è stato concepito il rituale iniziatico di accettazione ed ingresso nella sacra famiglia e onorata società, radicato nella storia antica della nostra terra di origine (Calabria)….Il tempo, infatti, ha dato ragione agli uomini d’onore di una volta…che consideravano l’onorata società pari alla sacra famiglia di conseguenza non come opportunità affaristica ma come scelta di vita(…)”. Sono tra i passaggi più significativi della missiva, inviata tramite email, e trovata nel pc di Pasquale Capano, arrestato dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Roma dopo che il Riesame ha accolto il ricorso della Procura di Roma. L’email era indirizzata ad un altro pregiudicato ed è un vero trattato di ‘diritto’ mafioso. Capano, imprenditore calabrese di stanza nella capitale, già condannato per usura, titolare di un notevole patrimonio economico, è indagato per intestazione fittizia di beni aggravati dall’aver agevolato la cosca Muto, operante nell’alto tirreno cosentino. Attorno a Capano ruotava una rete di prestanome, il soggetto vanta rapporti anche con organizzazioni criminali romane, come i Casamonica e la banda della Magliana. A Capano, benché sconosciuto al fisco, erano riconducibili numerose società di capitali attive nel settore immobiliare, edile, alberghiero e diversi immobili a Roma e in Calabria, per un valore di 50 milioni di euro, oggetto anche di provvedimento di confisca.