Due in provincia di Bergamo, tre a Como, uno a Lecco, uno a Pavia, uno a Varese e uno a Mantova. Nove nuovi Comuni nasceranno in Lombardia, eppure il numero totale delle amministrazioni locali si ridurrà. Questo per effetto delle fusioni che accorperanno piccole realtà, con meno di 5mila abitanti, ad altre un po’ più grandi. E così il 25 maggio, data in cui si andrà a votare per le elezioni Europee, anche questi nuovi comuni lombardi andranno al voto per eleggere sindaci e consigli comunali.
Sarebbero dovuti essere di più, perché le richieste di fusione erano diciannove, ma la Commissioni regionali Affari istituzionali e speciale per il riordino delle Autonomie, riunite in seduta congiunta, ne hanno bocciate dieci. Il criterio utilizzato è stato quello della valutazione dell’esito dei referendum consultivi promossi nel dicembre scorso in tutti i comuni interessati dai progetti di accorpamento. In quelle realtà dove non c’è stata una netta prevalenza dei cittadini favorevoli a questo processo di semplificazione amministrativa – voluto dal ministro per le autonomie Graziano Delrio il cui decreto legge è in fase di conversione in questi giorni – i rappresentanti delle consulte regionali hanno negato il placet. Anche se, è bene precisare, l’esito della consultazione non era vincolante. Ma, evidentemente, serviva un criterio, una discriminante. E quella dell’esito referendario era la più semplice da utilizzare.
Dopo la selezione, l’iter burocratico prevede, mercoledì 15 gennaio, il passaggio alla Commissione Bilancio, dove saranno determinati gli aspetti finanziari del processo. Dopodiché i progetti di fusione transiteranno in Consiglio regionale nelle sedute del 21 e 22 gennaio per la loro approvazione definitiva e la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia (Burl) che determinerà, poco dopo, lo scioglimento dei consigli comunali e l’arrivo di un commissario. Quest’ultimo dovrà traghettare le amministrazioni interessate fino alle elezioni.
L’obiettivo di questi accorpamenti amministrativi è quello di razionalizzare i servizi e le spese, riducendo i costi degli organismi rappresentativi, che, per forza di cose, diminuiranno. Si avranno anche diretti benefici economici come il trasferimento, per dieci anni, del 20% di risorse statali e regionali in più, rispetto all’anno 2010, verso queste nuove realtà. Senza dimenticare la possibilità, per i nuovi comuni, di saltare per tre anni i paletti restrittivi imposti dal patto di stabilità. Oltre a “fusione sì” “fusione no”, la scheda referendaria richiedeva di mettere una crocetta sul nome da attribuire ai nuovi enti.
Questi, nel dettaglio, i Comuni interessati alla fusione con la nuova denominazione e le percentuali di favorevoli e contrari registrate al referendum del primo dicembre 2013.
Provincia di Bergamo: Sant’Omobono Terme e Valsecca diventerà Sant’Omobono Terme (“sì” 84%, “no” 16%); Brembilla e Gerosa, Val Brembilla (“sì” 77%, “no” 23%).
Provincia di Como: Bellagio e Civenna si trasformerà in Bellagio (“sì” 81%, “no” 19%); Drezzo, Gironico e Parè diventerà Colverde (“sì” 78%, “no” 22%); Lenno, Ossuccio, Tremezzo e Mezzegra si fonderanno in Tremezzina (“sì” 63%, “no” 37%).
Provincia di Pavia: Cornale e Bastida de’ Dossi diventerà Cornale e Bastida (“sì” 87%, “no” 13%).
Provincia di Mantova: Virgilio e Borgoforte daranno vita a Borgovirgilio (“sì” 68%, “no” 32%).
Provincia di Lecco: Verderio Inferiore e Verderio Superiore sarà semplicemente Verderio (“sì” 80%, “no” 20”).
Provincia di Varese: Maccagno, Pino sulla Sponda del Lago Maggiore e Veddasca diventerà Maccagno con Pino e Veddasca (“sì” 54%, “no” 46%).