Vincenzo Di Sarno, 35 anni, Ha un tumore che, sostiene, nel carcere di Poggioreale a Napoli non gli può essere curato come si deve. E' stato condannato in Appello per omicidio. La madre: "Presidente, gli conceda la grazia"
Preferisce l’eutanasia alla morte in carcere. Vincenzo Di Sarno ha 35 anni e un tumore che in cella, sostiene, non gli può essere curato come si deve. Da oltre quattro è recluso nel carcere di Poggioreale a Napoli per una condannato a 16 anni per omicidio. In una lettera, ha chiesto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di concedergli l’eutanasia, dopo che più volte ha chiesto la grazia. “Mio figlio non ce la fa più a vivere in queste condizioni, – spiega Maria Cacace, la madre che lancia un ultimo appello a Napolitano: “Gli conceda la grazia prima che sia troppo tardi”.
Di Sarno è stato ritenuto colpevole di omicidio. Un assassinio maturato durante una lite con un extracomunitario, scoppiata nei pressi della stazione di piazza Garibaldi, a Napoli, mentre aspettava un pullman che lo avrebbe portato a casa, nel Vesuviano. La condanna è stata confermata dalla Corte di Appello: ora si attendono le decisioni della Cassazione a cui la famiglia Di Sarno si è rivolta lo scorso mese di novembre.
Il giovane è affetto da un tumore cervico-midollare che lo sta consumando e che, per la sua gravità, richiede controlli e cure assidue. Ha già subito due interventi chirurgici (alla testa e alla colonna vertebrale) che, però, non hanno debellato il male. “Era un ragazzone da 115 kg, alto 1,85, – fa sapere Maria – adesso ne pesa solo 53. Le cure di cui ha bisogno non gli possono essere praticate in carcere. Da madre disperata chiedo al presidente di concedergli la grazia, prima che faccia la stessa fine di Federico Perna (il 34enne morto a Poggioreale lo scorso mese di novembre, ndr)“. “Napolitano – aggiunge Maria Cacace – conosce le condizioni di mio figlio, sa come l’ha ridotto la malattia, l’ha visto durante una sua visita a Napoli. Vincenzo non può restare in carcere, ha bisogno continuamente di cure”.
Circa 15 giorni fa è stato trasferito nel padiglione San Paolo del carcere, dove gli possono praticare le cure in maniera più agevole. Ma, secondo Maria, questo non basta. Anzi, da allora, le sue condizioni di salute addirittura sono peggiorate. “Non sta più mangiando, – dice ancora Maria – sono molto preoccupata per la sua sorte perché non so se stia rifiutando il cibo per protesta o se, come temo, per l’inappetenza determinata dalla malattia. Bisogna fare presto, altrimenti morirà”.