Alexander Payne è tornato alle sue origini, per la quarta volta dopo Citizen Ruth, Election e About Schmidt, e in questo caso ha deciso di farlo senza risparmiare nemmeno una tappa, in un viaggio a metà tra i bellissimi paesaggi di un’America d’altri tempi e le esistenze dei personaggi. Il cineasta, nato a Omaha, in Nebraska, ha voluto realizzare un vero e proprio omaggio alla sua terra natia, quella che il 10 febbraio di 53 anni fa gli ha regalato i natali, insieme a un bagaglio di immagini che da sempre ritroviamo nei suoi film.
Il viaggio on the road, tanto fisico quanto psicologico, è una prerogativa ricorrente del suo cinema. Basti pensare ad About Schmidt nel quale raccontava l’avventuroso quanto (amaramente) comico viaggio di Jack Nicholson da Omaha al Colorado, o a quello di Paul Giamatti in Sideways, per le strade della contea di Santa Barbara in California al seguito di Thomas Haden Church, fino ad arrivare a Paradiso Amaro in cui aveva fatto spingere George Clooney fino alle Hawaii strappando un Oscar alla miglior sceneggiatura non originale nel 2012.
Questa volta è diverso, la meta è proprio il Nebraska, Lincoln precisamente, dove Woody Grant, il protagonista, è convinto di dover andare a riscuotere un premio da un milione di dollari, vinto a un’ipotetica lotteria locale. Ma lo scopo del viaggio vale molto più di quella cifra, anzi, non sarebbe paragonabile a qualsivoglia somma di denaro. Un padre in cerca di un figlio (e viceversa), una moglie in cerca di un marito, due fratelli, oramai adulti, in cerca di qualche dettaglio in più sui loro genitori. È un viaggio da affrontare con l’anima, il paesaggio è “solo” un imprescindibile sfondo, rigorosamente in black and white.
Una storia tanto intima quanto delicata, con un protagonista complesso da interpretare. Per il ruolo Payne aveva inizialmente pensato ad attori del calibro di Gene Hackman, Jack Nicholson o Robert Duvall ma il caso ha voluto che a influenzare la sua scelta fosse un incontro in particolare, quello con Laura Dern, figlia del più celebre Bruce. Un ultrasettantenne dal fascino incontenibile, con l’aria perennemente trasognata. Non poteva essere scelto un interprete migliore per questo ruolo, apprezzato anche dalla Giuria del Festival di Cannes 2013 che l’ha omaggiato con la Palma D’oro al migliore attore protagonista.
Non un one man show in questo caso, anzi, un cast eccezionale, a partire da Will Forte, attore reso celebre dal Saturday Night Live e apparso recentemente in Rock of Ages al fianco di Tom Cruise, qui nei panni del figlio minore del protagonista e l’irresistibile June Squibb, conosciuta per lo più grazie a ruoli in svariate serie tv. Ma la bravura del regista è stata quella di andare a cercare tra attori non professionisti, scelti passeggiando per le strade delle location o tramite provini improvvisati, girati con mezzi di fortuna. L’importante non era avere un nome di spicco per il cast, bisognava trovare qualcuno che riuscisse a raccontare tanto, anche solo attraverso il volto e così è stato.
In fondo è un film che parla di ognuno di noi, che mette in scena i rapporti umani in tutta la loro più complessa semplicità, con un umorismo costantemente malinconico. È raccontando queste intense relazioni che Payne ci regala uno splendido bianco e nero più colorato che mai, in uscita il 16 gennaio.